venerdì 16 marzo 2012

Lettera aperta a Echica


Carissima Echica, 
quando ci siamo conosciute tre mesi fa io ero una mamma ansiosa, imbarazzata e preoccupata. 
Tu, l'educatrice del nido perfetta: gentile, sorridente, premurosa. 
Hai un tono di voce pacato e basso, esattamente l'opposto del mio. 
Ti muovi con lentezza e grazia, al contrario di me che notoriamente inciampo anche nelle righe delle piastrelle. 
Tratti tutti i bimbi con la stessa dolcezza, invece io con Elisabetta a volte sembro un agente del KGB e con gli altri bimbi.... ah, quelli sono bimbi? 
Ti ho raccontato tutto di Elisabetta, ho evitato il parto solo perchè non avevo più tempo: ora ogni particolare del carattere di mia figlia ti è chiaro e riesci a metterlo in relazione precisa con la sua età. A me quando chiedono "Quanto ha?" rispondo "Due anni a maggio" perchè ho perso il conto dei mesi intorno ai 12.
I piccoli, banali compiti che mi hai dato (tipo portare una foto di un certo formato e una maglietta), li ho sbagliati tutti: tu hai ascoltato le mie scuse di mamma nevrotica, e hai minimizzato. 
Una volta sono uscita dal nido con i sovrascarpe in plastica azzurra: ho attraversato la strada, messo Elisabetta in macchina e ci ho guidato fino a casa. Io lo so che tu mi hai vista ma non hai riso di me. 

Echica, fino alla scorsa settimana io ti volevo bene. Ora abbiamo un problema. 

Elisabetta, se al nido non ci sei tu, piange. "Eh, non c'era Erica, oggi ha pianto un pochino"
Elisabetta, se al nido non viene accolta da te, piange. "Eh, non è venuta a prenderla Erica, ha pianto un pochino".
Se chiedo a Elisabetta "Amore mio mi dici il nome di una bimba del nido che ti sta simpatica?"  lei risponde: "Echica".
Se dico a Elisabetta "Amore mio sai chi arriva adesso??"  lei risponde: "Echica".
Se chiedo a Elisabetta "Amore mio cosa hai fatto stamattina al nido?": lei risponde "Echica".
Quando riesco a venire a prendere Elisabetta al nido, lei è sempre in braccio a te, Echica.
Mercoledì, in particolare, stavate giocando con delle bellissime collane hawaiane e Elisabetta non si è decisa a venire via con me finchè non ha terminato di mettertele tutte al collo, Echica. Non che ne volessi una per me, ma magari solo il gesto.... la collana di fiori colorata per la sua mamma......no??

No, non sono gelosa. 
Peggio.

Perchè io pensavo di essermi staccata mesi fa da Elisabetta, e invece tu, Echica, rappresenti la forbice con cui il mondo vuole tagliare di netto quel cordone che unisce me e la mia bambina. E io mi sono accorta che quel cordone mi sta molto simpatico, è mio, mi appartiene, non mi dà per nulla fastidio. 
Tu rappresenti l'universo  di relazioni nel quale Elisabetta deve iniziare a vivere, da sola. Con le sue preferenze, le sue simpatie, i suoi affetti. Mi spaventa da morire che Elisabetta si sia legata a te, perchè tu sei tanto diversa da me, profondamente diversa sotto ogni punto di vista. 

Insomma, cosa hai tu che io non ho???

Echica, nulla di personale eh. 

Ma tu, prima o poi, litigherai con mia figlia, e io aspetto con ansia il momento in cui potrò dirle, trionfante e soddisfatta: "Hai visto Elisabetta, te l'avevo detto che non era simpatica come sembrava!"

Con stima, 
giuppy 

mercoledì 14 marzo 2012

C'è che.



C'è che le ore dedicate al lavoro sono diventate nell'ultimo mese estremamente pesanti.  Faccio un lavoro difficile... o meglio, tutti facciamo un lavoro difficile... ma il mio a volte sa essere veramente molto difficile. Implica la sovraesposizione a parole e persone, implica risolvere problemi in tempi stretti, implica un sacco di problemi, in sostanza. Arrivo a sera in apnea, letteralmente. 

C'è che Elisabetta ha inziato a parlare, ma in maniera massiccia. Ripete parole, costruisce micro-frasi, verbalizza tutto, imita il mio tono di voce, ripete le indicazioni che le danno al nido (PRONTI PARTENZA VIAAAAA!!!). E parla anche a vuoto: monosillabi messi in fila come perle di una collana, in libertà, tutto il santo giorno. 
Chiederle "perchè stai facendo questa cosa?" e sentirsi rispondere "pecchè sì" è stato un punto di svolta nella mia vita: da giuppy a vera mamma in un attimo. Ma dove le hanno messe le istruzioni per i passaggi successivi??

C'è che, insieme al potere della parola, Elisabetta ha scoperto la televisione. E io ho scoperto Peppa Pig.

C'è che la solitudine sta diventando uno stile di vita. Parlo della solitudine interiore, quella che ti fa intuire la massa di problemi che sei destinata a risolvere da sola, e a volte ti fa perdere il fiato in una vertigine di paura. 

C'è che alcune cose nella mia vita hanno preso direzioni inaspettate. Io che ho sempre sguazzato nell'ambiguità e nei non detti, adesso faccio una fatica enorme a trattenermi dall'esprimere quello che penso. Le cose che per qualche motivo so di non poter dire, mi vivono in mezzo ai piedi come ospiti indesiderati. 
Non ci sono cartoni in cui infilarle e chiuderle, non ci sono armadi, non c'è spazio nella mia vita per quello che non si può dire e pensare, il silenzio dura per un pò, ma alla fine tiro fuori tutto e lo consegno al fortunato destinatario. 

C'è che sento dentro di me qualcosa che una sera ho chiamato "deserto emotivo". Zolle di terra arida e secca destinate a lasciare spazio a sabbia sottile e implacabile, spinta dal vento fino nel profondo. 

C'è che non sono capace di essere una buona amica in questo periodo: dò attenzioni centellinate, monopolizzo i discorsi, metto in luce solo il buio nero. Ma in quel regalo (stupidissimo) fatto all'Amica ci ho messo un impegno e un entusiasmo che non ricordavo dove fosse seppellito. Forse lì la sabbia non è ancora arrivata.

C'è che ho bisogno di mare. 


C'è che ci si abitua abitua subito alle cose meravigliose che si ricevono, ma quando vengono tolte ci si abitua altrettanto in fretta a non averle più. Ma mancano lo stesso qui.

C'è che di tutte le riflessioni che mi girano in testa, mi rendo conto che quella più bella e più stupendamente stronza riguarda il potere della parola. La parola che dice e che tace, la parola che può cambiare il destino delle persone a cui viene detta o non detta, la parola che dischiude verità e le copre. La parola che ama, che lenisce, che cambia scenari e contesti. 
Il potere della parola è Elisabetta che apre il suo mondo interiore a un universo di relazioni, fondate sulla parola. E' la giuppy che tenta, parlandone, di chiudere cerchi e di racchiudere emozioni; a volte, con scarso successo, anche di condividerle. 

La parola che convince, seduce, conduce.

Il potere della parola è sapere che a volte, davvero, non si può dire più nulla.
giuppy