mercoledì 25 maggio 2011

Di piscine, famiglie e caleidoscopi.


Quando ero piccola, intorno ai 9/10 anni, mia mamma decise che era arrivata l’ora di interrompere i miei lunghi pomeriggi di letture e giochi con i puffi e mi iscrisse ad un corso in piscina. Al contrario delle altre mamme non mi accompagnava in piscina, non veniva mai a vedermi e non si dimostrava nemmeno particolarmente interessata ai miei progressi. Probabilmente, per lei era sufficiente che io mi muovessi un po’ (data la mia precoce avversione per qualsiasi sport) e che stessi fuori casa un paio d’ore. Oggi, finalmente, la capisco.
Io odiavo andare in piscina. Odiavo andare in pullman con i miei compagni di corso, odiavo gli sbalzi di temperatura, odiavo la ginnastica che si faceva prima di entrare in acqua e odiavo l’acqua. E poi, diciamocelo: io a 10 anni avevo già la terza di reggiseno… credo che i miei compagni fossero felicissimi ma io mi vergognavo tantissimo.

Il corso finì, finalmente, e io continuai a odiare l’acqua, la piscina e il mare. Mi piacevano le vacanze con i miei a Lignano Sabbiadoro, ma i ricordi più vivi che mi sono rimasti sono: le merende di pane e nutella con mia cugina Elisabetta, un bambino tedesco che mi ha buttata in piscina con l’accappatoio addosso, il mio caleidoscopio dimenticato lì e mai più ritrovato (anche se sono tuttora certa che mia cugina abbia giocato un ruolo in quella scomparsa), le giostrine la sera.

Poi un giorno, molto tempo dopo, sono stata in Sardegna, e la mia visione del mare è cambiata completamente: folgorata dal colore dell’acqua, dall’odore del mare, dalla vita di mare, dall’effetto che l’acqua ha sul mio corpo e sul mio spirito. Questo innamoramento non mi ha comunque convinta a praticare uno sport, ma mi ha riconciliata con un elemento dentro al quale mi sento finalmente a mio agio.

Mio marito invece è un uomo di montagna, e non si è ancora riconciliato. Ma non ha ancora visto la Sardegna...

Pur con alcune perplessità e lottando contro lo scetticismo della nonna (che evidentemente ha rimosso molte cose della sua storia di mamma), abbiamo iniziato a portare Elisabetta in piscina a cinque mesi, superando le difficoltà organizzative che questa attività impone. Non abbiamo scelto un corso che vanta super esperti e attività strabiliati in acqua termale mineralizzata e vitaminizzata, ma un semplice corso di acquaticità nella piscina comunale vicina a casa: gli istruttori sono ragazzi giovani, simpatici e attenti, gli altri genitori sono imbranati come noi.
Elisabetta in acqua sta benissimo: si muove, sta a galla nel pesciolino o aggrappata al salsicciotto senza paura di staccarsi da noi, si immerge sott’acqua e riemerge serena e senza bere. 

E, a parte la spesa all’esselunga, è l’unica attività che finora è riuscita a coinvolgerci piacevolmente tutti e tre, quasi come una famiglia.

Dico “quasi” perché ho scoperto da poco che “famiglia” non è un’etichetta che si mette sul campanello di casa, è qualcosa di complesso e difficile da costruire.
E’ ritrovarsi la sera senza parole perché la stanchezza pesa come un macigno sulle teste.
E’ inventarsi ogni giorno qualcosa da cucinare, quando si avrebbe solo voglia di pizza e piadine.
E’ avere voglia di stare da soli, perché la casa sembra sempre troppo piena quando c’è un bambino.
E’ decidere se andare ad un matrimonio o ad un concerto.
E’ stabilire cosa permettere a Elisabetta e per cosa sgridarla.
E’ cercare un senso ai giorni che sembrano fatti solo per andare a lavorare e guadagnare soldi da spendere subito per acquistare beni.
Ed è decidere che la domenica mattina si va in piscina, anche se è faticoso, anche se piove, anche se non c’è il tempo di asciugarsi i capelli e si arriva a casa a mezzogiorno stravolti.

Forse vi state chiedendo “ma dove vuole arrivare??”. In effetti non lo nemmeno io, ho iniziato a scrivere e mi sono fatta condurre dalle parole, ma i punti saldi che ho in testa sono questi:
  1.  Portare i bimbi in piscina è bellissimo per i bimbi e per i genitori: anche se avete qualche dubbio, provateci!
  2.  Non è giusto obbligare i bambini a fare le attività che pensate siano adatte a loro… ma se siete furbi e li fate iniziare presto si convinceranno che piacciono anche a loro.
  3.  Se non vi piace il mare, andate in Sardegna e poi ci sentiamo.
  4.  Elisabetta, cugina carissima, io lo so che tu tieni in ostaggio il mio caleidoscopio da almeno 25 anni. Non è forse ora di parlare di un riscatto???
  5. Essere famiglia non è uno scherzo, è difficile e complesso: qualcuno dovrebbe fornirci di un comodo manuale in offerta ad un euro insieme  all’alcool per medicare il cordone ombelicale.

Terminato questo post dalla strabiliante coerenza interna, solo due parole per aggiornarvi: Elisabetta ha compiuto un anno il 13 maggio, il biglietto della ele è molto più bello dal vivo che in foto, il porta post-it fa un figurone sulla mia scrivania  e…. una piccola donna qui ha iniziato a camminare!!!!!!
giuppy