sabato 5 febbraio 2011

Laurea.


Ho pensato a questa scatolina per un regalo di laurea, mentre la preparavo mi è venuta in mente la palette colori della sfida di HDC, percio' ho opzionato i due bottoncini in rosa per avere i requisiti per il concorso.
Nella mia mente era nata con l'alternativa in oro che comunque allego qui.


Elena.

La confettata.


Negli ultimi matrimoni a cui ho partecipato ho notato che al ristorante spesso viene allestito un tavolo con confetti di ogni gusto, a disposizione degli ospiti.
(Quante novità con il passare degli anni!!! ndr).

La confettata, per l'appunto.

Silvia ha deciso di mettere la sua proverbiale raffinatezza anche li'.
Mi ha chiesto una sorta di scatolina in cartoncino che svolgesse la funzione di piattino porta confetti, in modo che gli invitati quando preleveranno i confetti da gustare al ristorante non li debbano tenere tra le mani, o in tasca...
Come darle torto?!
Potevamo ripetere  i coni, come quelli per il lancio del riso, ma volevamo che queste scatoline potessero rimanere impilate una nell'altra in verticale senza cadere e senza bisogno di un sostegno.
Ho pensato alla famosa  nutcup di Stampingdani che è a mio avviso perfetta per l'occasione e tagliabilissima anche a mano.

Sono nate cosi' le scatoline per la confettata!!!
Ovviamente le ho lasciate disadorne, zero fiocchetti o altre decorazioni perchè dovendo contenere qualcosa di alimentare  mi piaceva potessero dare l'idea di una cosa il più pulita possibile, quasi fossero un bicchierino di plastica.



Ele.

venerdì 4 febbraio 2011

Lavorare stanca.


Per chi se lo stesse chiedendo… sì, sono tornata al lavoro, e sono viva.  (Ele, ma io ti aspettavo fuori dall’ufficio per soffiarmi addosso le bolle di sapone!!!)
E’ difficile tornare al lavoro dopo più di un anno e trovare qualche volto nuovo, il mio ufficio rinnovato (ma questa in fondo è una buona cosa J), nuove regole da rispettare. Sono anche scivolata e caduta di ginocchia davanti a tutti, ma questa sono io….
Non so some la pensate voi, ma  al lavoro le regole che mi fanno impazzire non sono quelle vere, quelle dichiarate e conosciute, ma quelle non scritte. Sono quelle regole striscianti che si insinuano nei rapporti tra le persone (questo è amico/questo è nemico-con questa si può parlare-attenzione a quello perché è passato dalla parte del nemico). Lo so, accade in quasi tutti i posti di lavoro: le relazioni con le persone non sono facili, si tessono equilibri a volte difficili da capire e interiorizzare. Da un lato è indispensabile entrare a “sporcarsi le mani”, dall’altro le cose che succedono tra le persone al lavoro possono fare moooolto male. E qualcuno di certo ne sa più di me.
Io in queste cose non sono molto brava e mi sento sempre una tirocinante inesperta, una di quelle che fanno le fotocopie tutto il giorno e dopo sei mesi non hanno ancora imparato i nomi di tutti. Io sono un po’ così: sorrido quando mi viene da sorridere e mi arrabbio quando qualcuno mi fa arrabbiare, parlo con tutti senza dare troppe confidenze, ma anche senza il terrore che le cose che dico possano essere un giorno usate contro di me. Ho delle oggettive difficoltà a gestire la trama dei rapporti basati sulle alleanze, le strategie  e le regole non scritte: ogni tanto ci resto impigliata e mi arrabbio con me stessa per non essere stata capace di prevedere, capire e agire di conseguenza. Stare a casa con Elisabetta mi ha permesso di non pensare a lungo a questi “problemi”, ma mi ha anche aiutata a dare un ordine di priorità diverso a ciò che accade nella mia vita.
Quindi, parliamo delle cose importanti: Elisabetta è stata brava a casa con la nonna, non ha pianto, non ha sfoderato la cantilena “Ma-MMa-Ma-MMa”, ha giocato con le mollette dei panni, mangiato caramelle (pochine, nééééé) e dormito.  Per ora, niente scene di panico, niente pianti disperati, zero telefonate ansiogene della nonna.
In compenso, dopo essermi concessa il lusso di lavorare due giorni questa settimana, negli altri due sono rimasta a casa: Elisabetta ha l’enterite, che pare vada molto di moda questa stagione.  Non vi nascondo che ho provato un leggero senso di frustrazione: odio fare le cose male, odio che qualcuno possa pensare che non ho voglia di lavorare, odio dover spiegare di febbre e vomitini. Ma odio anche l’idea di essere al lavoro mentre mia figlia non sta bene, e ha vinto questa parte di me.
Però…. Mi sono fatta delle domande in questi giorni. Non ho le risposte: non le ho sulle coliche, figuriamoci su queste!!
Ho come la sensazione che nonostante tutto quello che si dice in giro, sia ancora scontato che il carico della famiglia debba pesare sulle spalle delle donne. Anche questa è una regola non dichiarata, eppure a me è sembrato chiarissimo che la malattia di Elisabetta fosse  un mio problema. Ma anche la gestione delle sue giornate è un mio problema, gli orari da far combaciare sono un mio problema. La casa, i pasti anche quando non ci sono, la lavatrice e la lavastoviglie sono un mio problema. Alzarsi alle 6 per preparare tutto per tutti, anche questo è un mio problema. Ora che ci penso, anche occuparmi del canarino Tito e mettere i semini sul terrazzo per gli uccellini infreddoliti e senza cibo, anche questo è mio problema.
La definizione  giusta sarebbe: “sono –parola al plurale che inizia per ci e contiene due zeta- miei”.
Non mi sto lamentando dell’aiuto che ricevo o che vorrei, non è questo il punto.
Il fatto è che prima di fare qualcosa bisogna capire qual è il problema, pensarci e costruire qualche ipotesi di soluzione, pensarci ancora e scegliere l’ipotesi giusta. Questo io lo faccio per ogni cosa, dal pianificare la giornata di lavoro,  scegliere tra il nido e la nonna, occuparmi delle cose più pratiche ... Il problema è che quando c’è un bambino in casa tutte le cose, dalle più complesse alle più semplici, vanno fatte tenendo conto di lui, dei suoi bisogni, dei suoi orari, delle sue abitudini. Non è impossibile né difficile, ma bisogna pensarci.
Io mi trovo a fare questo lavoro mentale mentre stiro, mentre vado in ufficio, mentre preparo la cena, mentre preparo una camomilla alle tre di notte, mentre  cerco di decifrare il regolo posologico della Tachipirina sciroppo (per la cronaca: buonissimo!). Insomma, senza pause, tutto il giorno. Infatti ci scrivo anche un post…
Non so perché, ma ho la sensazione che occuparsi di tutto, pensare, trovare soluzioni ai problemi della famiglia siano ancora “cose da donna”. Ma lo sono perché siamo davvero più brave o solo perché siamo poco capaci di delegare? O forse perché ci chiudiamo a chiave dentro gli stereotipi contro cui lottiamo?
Donne, non voglio “provocare”, voglio solo capire se sono l’unica a scontrarmi contro questi problemi, voglio sapere a cosa pensate voi mentre stirate o mentre siete fuori a  lavorare….
giuppy

mercoledì 2 febbraio 2011

...Scene da un matrimonio...( parte II).


Come promesso ecco il post dedicato al secondo atto, della mia produzione speciale per Silvia...

Dopo le partecipazioni, è giunta l'ora di coni per il riso...e bolle di sapone.
Ultimamente, fuori dalla chiesa gli invitati oltre al lancio del riso regalano agli sposi una scenografia romantica soffiando le bolle di sapone....
L'effetto nelle fotografie di rito, è davvero molto particolare....

Il contenitore delle bolle di sapone è stato rivestito con la stessa carta usata per le partecipazioni, ovviamente timbrata con lo stesso soggetto.
Ho dovuto creare una piccola balza scallop appena sotto il tappo, per nascondere il bordino di plastica colorata  che si sarebbe intravisto, essendo piu' largo rispetto alla forma del resto del barattolo.
Sul tappo invece un cerchietto scallop con la scritta LOVE mi è sembrato carino... E per chi non se ne fosse accorto, dal primo giorno di apertura del nostro blog questa immagine è lo sfondo del nostro titolo di presentazione!!!!
Elena.

martedì 1 febbraio 2011

Le serate alcoliche e le serate di coliche.


C’erano una volta le serate alcoliche. Quelle che uscivi: ristorante argentino, una bottiglietta di prosecco in due, un paio di legui,  poi a casa una grappetta ai mirtilli per digerire i legui.
Quelle che si stava a casa:  prosecchino per aperitivo, cinese take away, birretta cinese, tre grappe secche per digerire il pollo al limone (con la pastella, a me senza non piace).
Quelle che iniziavi a casa con il prosecco, continuavi fuori con il vinello rosso e finivi a casa, sempre con la grappa, magari slovena e alla pera (si è capito che mi piace la grappa?).
Poi resti incinta. Sono riuscita a convincere tutti che il vino rosso contiene il ferro che fa benissimo in gravidanza, ma non sono riuscita a convincere nessuno del potere della  grappa di aromatizzare gradevolmente il liquido amniotico.
L’Amica mi raccontava le sue serate alcoliche, io sospiravo.
Poi anche l’Amica è rimasta incinta, e anche lei ha iniziato a sospirare.
Poi inizia la vita da mamma, il primo mese è un casino: non si capisce più chi comanda in casa, non ci sono orari, tu fai la cameriera tutto il giorno e col piffero che ti rilassi con il prosecchino, perché la sera crolli sul divano sperando di essere svegliata almeno dopo le 3 di notte.
Quando il primo mese è passato, ti viene voglia di smettere di sospirare e di riassaporare finalmente una di quelle seratine, di pucciare una pizzetta in un bicchiere di prosecco, per esempio. Una seratina innocente e serena, senza esagerare, senza pensieri,  solo un po’ alcolica.
Ed è proprio allora che iniziano le serate di coliche.
Le avvisaglie ci sono fin dal pomeriggio: lamentini continui, gambette tirate sulla pancia, pancino gonfio. Tu le ignori, pensando che è solo autosuggestione:  hai letto troppi libri che parlano di coliche! Giuppy  le coliche non esistono, chiaro?
Ciò che segue è il delirio: quattro/cinque orette buone di pianto ininterrotto, quel pianto disperato che spacca cuore e orecchie, innumerevoli tentativi per calmare la bimba (tisana al finocchio, doppia tisana al finocchio, sondino-proviamo anche nelle orecchie, sia mai che ci sia un po’ di aria anche lì- U2, musica classica, Pausini,  pancia in su in giù e di lato- giuppy non è che magari la allatti un attimo che almeno ci riposano le orecchie 5 minuti…).
Una sera abbiamo deciso che il pianto era davvero troppo inconsolabile, durava da troppo tempo: andiamo in ospedale. Cambio la bimba, mi vesto, preparo la borsa, ah fammi prendere una tutina di ricambio, chiudi tu la casa? Ecco, appena  fuori dalla porta di casa Elisabetta ha smesso di piangere. Così, come se niente fosse, all’improvviso come aveva iniziato. E sorride pure. Ci guardiamo e ci diciamo: “ma questa ci prende per il ….”. Era estate, l’una di notte, la casa l’avevamo chiusa… massì andiamo a prendere le brioches! Di prosecco neanche l’ombra.
Io lo so che le coliche non esistono, ma io odio chiunque lo dica.
Io lo so che le serate alcoliche qualcuno nel mondo se le fa ancora, ma io odio chi me le racconta.
Ah… Amica scusa, lo sai che mi hai ispirata tu…. Dai, almeno hai qualcosa da leggere durante le tue serate di coliche!!!!
giuppy

domenica 30 gennaio 2011

Silvia si sposa!!!!

 
Silvia è una ragazza davvero speciale oltre ad essere una persona carinissima è la personificazione della finezza e dell'eleganza.
Quando abbiamo deciso insieme quale partecipazione creare per l'evento ero un po' preoccupata, perchè avevo paura di non essere  alla sua altezza.
Alla fine... Silvia ha deciso per questa... e ne è stata molto soddifatta!
L'unico vincolo erano i colori... lei voleva:  il bianco, il beige e un tocco di rosso.
Palette colori rispettata.

Volevamo poi che non dovesse essere nascosta in una busta, ma che al momento della consegna agli invitati fosse gia' in bella mostra.
Ho creato questa partecipazione diciamo cosi'... AUTOIMBUSTANTE ... scopiazzando la forma delle fatture autoimbustanti che mi arrivano in ufficio!
Quella piccola tag ovale che vedete racchiusa nel fiocchetto è stata usata per scrivere a mano i nomi degli invitati, man mano che Silvia le consegnava.

La seconda foto, sfocata per ragioni di privacy è per farvi vedere l'interno una volta aperta.
Nei prossimi giorni, aggiungerò altri particolari creati sempre per questo giorno speciale.
Ovviamente ... ne approfitto di questo spazio "pubblico" per augurare a Silvia tanta felicità.
Ele