venerdì 4 novembre 2011

Burrasca...

Ci sono alcune cose riguardo all'avere un figlio, che non mi erano ben chiare dall'inizio. 
Che la gravidanza ti ribalta come un calzino, per esempio. Che il sonno diventa diverso, che i ritmi cambiano, che le priorità si mescolano, che a volte è un problema trovare il tempo per una doccia.
Potrei fare una lista lunghissima, se non fosse che dopo quasi un anno e mezzo l'allattamento, il parto, lo svezzamento sono diventati secondari (che bello potersela tirare un po'...) e non pressano più così tanto proponendomi un problema nuovo al giorno.

Ne ho un altro, di problema. O meglio, giusto due o tre.

Qualcuno lo sa, qualcuno l'ha intuito, è così: non vivo più con mio marito, il mio matrimonio ha dei seri problemi.

Ecco, adesso che l'ho scritto mi sento anche meglio, perché a volte le cose vanno chiamate con il loro nome, dichiarate, affrontate, guardate, senza misteri o tentativi di mantenere la coerenza dove invece si fa acqua da tutte le parti.
Uno tra i miei (tanti) problemi in questo momento è rispondere alle domande che mi faccio sul futuro di Elisabetta. Perchè a me, giovane donna navigata alle soglie dei 35, non era del tutto chiara la portata di responsabilità che arriva con un figlio, o meglio, le modalità di gestione di questa responsabilità.

Quello che penso, perdonate la schiettezza, è che finchè le cose vanno bene siamo tutti bravissimi, seri, coerenti, sereni nel gestire la vita dei nostri figli. Finché reggono le nostre certezze, siamo tutti capaci di affrontare le difficoltà, magari male, magari “come ci viene”, ma ce la facciamo, riusciamo a guardare al futuro con una dose di leggerezza e di fiducia che ci fa stare in piedi.
Io non ho più la terra sotto i piedi da un po', e con la terra se ne sono andate molte delle mie certezze: in quale casa avrei abitato, chi avrebbe condiviso con me le fatica di coppia e della genitorialità, cosa avrei scelto per mia figlia, in quale scuola l'avrei mandata, cosa le avrei insegnato del mondo. Tutte queste cose, nonostante le difficoltà, mi erano abbastanza chiare fino a qualche mese fa.

Adesso non so più nulla. Buio.

Vivo le giornate in un equilibrio precario, cercando solo di non farmi troppo male, cercando di essere una madre decente, buona, comprensiva, per quello che mi riesce in giorni in cui vorrei solo affondare il viso in un cuscino e non sentire i miei pensieri. Non sentirli più.

Non ricordavo cosa fosse l'angoscia.
E' svegliarsi la mattina per andare al lavoro e piangere in macchina.
E' sentirsi sempre come quando si va in giro con il serbatoio in riserva o si contano i centesimi rimasti nel portafoglio per riuscire a pagarsi un caffè.
E' guardarsi allo specchio e vedere solo occhiaie.
E' accorgersi, all'improvviso, che tutti i vestiti che mettevo prima di restare incinta non mi vanno più bene, perchè sono troppo larghi.
E' guardare Elisabetta e chiedermi cosa sia giusto per lei, quale immagine di famiglia si costruirà nella sua testa, che cosa vorrebbe lei. Stabilità, serenità, due genitori felici insieme? Io queste cose non le ho ora per lei, e non so cosa potrò darle domani. E dopodomani.
Mi angoscia sapere che le mie scelte condizioneranno la sua vita, i suoi ricordi, la sua infanzia. Mi angoscia sapere che la strada che percorro io implica il trascinarmi dietro lei, nel bene e nel male.

Mio papà me lo diceva continuamente: vai sempre in giro in riserva e senza soldi nel portafoglio, e se ti succede qualcosa?? Se mi succede qualcosa ti chiamo, gli rispondevo.
Non pensavo che mi sarebbe successo questo, che avrei dovuto confrontarmi con la difficoltà di pensare al futuro mio e di Elisabetta, non sapere dove saremo tra un anno, non sapere come le spiegherò tutto questo, se capirà, se mi giudicherà in silenzio come molte persone fanno.

C'è quella maledetta frase che mi risuona in testa e nella pancia: “nella nebbia non si accelera”.
Banalissimo, eppure per sentirsi vivi bisogna lasciarsi stupire anche dalla banalità di una frase come questa: non posso prendere decisioni senza aver prima capito.
Cosa, di preciso non lo so. Ma so che devo capire.

E... ve lo devo:
Grazie a tutti voi che con un gesto, una parola, un “come stai” mi fate sentire meno sola, nel web e nel mondo. Grazie per le risate in FB (ele, germana e franz sanno di cosa parlo), davanti a un mojito o a un caffè (e un succo alla pesca NON FREDDO per Elisabetta).
Grazie a tutti quelli che mi dicono che sono una brava mamma. Sgangherata, ma brava.
Grazie a tutti quelli che sanno andare al di là dei miei silenzi, della mia innata asocialità, della mia faccia da stronza.
Grazie a Ele che riempie il blog con le sue creazioni bellissime, ricordandomi che avevamo un progetto, un sogno.
E questo sarà proprio bello raccontarlo a Elisabetta.
giuppy

P.s. La foto è della mia compagna di Blog Ele (... lei non le pubblica mai, ma di carine ne avrebbe davvero da far vedere).

lunedì 31 ottobre 2011

Stavolta mi son data ai quadri...!





A luglio, Germana e Giusi come gia' detto in post precedenti son venute a Bergamo e ho avuto il piacere di averle ospiti per un pomeriggio all'insegna del poco stamping ma tanto divertimento!
In quell'occasione hanno omaggiato me e la mia compagna di blog di alcuni regali rigorosamente handmade!
Inutile dire che son due talenti queste donne perchè le conoscete gia', ma devo dire che i loro utilissimi regali son stati per me anche fonte di ispirazione!

Da una cornice che m'ha regalato Germana è partito questo lavoro....


Per prima cosa m'ha fatto scoprire i sentiments di Tim Holtz.... e cosi' ho fatto incetta in America sul sito di Simon Says Stamp, sfidando la dogana, il lunghissimo mese d'attesa del pacco e l'ormai ricorrente shock da saldo del mio estratto conto... e poi m'ha messo in testa di  creare qualcosa con i quadri... naturalmente di Ikea.
Questo è quello che ne è venuto fuori!!!



Diciamo che le frasi, secondo me meritavano davvero una CORNICE!!!

Elena.