mercoledì 28 dicembre 2011

Non solo perché era mio padre


Alle superiori, durante una lezione nel laboratorio di chimica, ci hanno mostrato le fibre di amianto, chiuse dentro un piccolo sacchetto di plastica, apparentemente innocue e dall'aspetto vellutato.
Ricordo di aver pensato, distrattamente, che avevo sentito quel nome uscire dalla bocca di mio papà.
Non avrei mai immaginato che stavo tenendo tra le mani qualcosa che l'avrebbe ucciso 15 anni dopo.

Mesotelioma.

E' un nome dolcissimo, sottile, da sussurrare, innocuo per chi non sa di cosa si sta parlando. Tutti i protagonisti di questa storia hanno aspetto e nomi dolci e sibilanti: amianto, mesotelioma, alimta. Li ho ripetuti mentalmente moltissime volte, in quei mesi del 2007 durante i quali ho capito con folgorante rapidità che mio papà si era ammalato, e non sarebbe mai guarito.
Perchè il mesotelioma è un tumore terribilmente subdolo che quando dà chiari segni della sua esistenza ha già fatto moltissimi danni. Il chirurgo che ha operato mio padre l'ha descritto come "una ragnatela" che si deposita sulle membrane del corpo, iniziando dalla pleure, allargandosi lentamente e infilandosi in posti dai quali non è possibile rimuoverlo. E restando nel corpo, tende a prenderselo. So che perdonerete le inesattezze mediche, non mi interessa dare lezioni su cose che nemmeno io ho mai ben capito, mi interessa solo parlarne, perchè non se ne parla mai.

Mio papà ha speso tutta la sua vita lavorando, non per comprare cose, ma per diventare qualcuno: un uomo, un padre, un marito. Ha lavorato perchè io potessi vivere, studiare, andare in vacanza, fare quello che desideravo.
Lavorando, ha respirato amianto, ignorando che dopo 40 anni questo l'avrebbe ucciso.

Ignorando che un giorno la sua amatissima figlia l'avrebbe accompagnato ad una visita in cui avrebbe dovuto raccontare del suo lavoro, delle coperte di amianto, degli aspiratori che non esistevano. Ignorando che quel giorno, uscendo dalla visita, le avrebbe detto: "I miei colleghi sono tutti morti", così, con la leggerezza di chi non ha capito cosa sta dicendo.
Continuo a credere che se qualcuno, 40 anni fa, avesse detto a mio padre che il suo lavoro l'avrebbe un giorno ucciso, lui non si sarebbe comunque fermato. Perchè non aveva grandi alternative, certo, ma anche perchè era un grande uomo. Orgoglioso, responsabile, con un senso del dovere incrollabile. E' a lui che devo questo post.

Ho due immagini nitide in mente: mio papà un giorno d'estate che torna dal lavoro sulla vespa, con la faccia stanca e il sudore in fronte, mi vede e mi sorride.
L'altra immagine è nella stanza dell'Ospedale dove faceva le chemioterapie, seduto su un lettino, con gli occhiali, impegnato in chiacchere con tutti, la boccia della flebo con quel nome sopra "Alimta". Mi sorrideva.
Io mi chiedo se potrò mai essere capace di affrontare quello che ha affrontato lui: l'operazione, la chemioterapia, gli effetti "secondari" delle chemio, l'angoscia, il silenzio e il dolore di chi gli stava intorno, tutto sulle sue spalle.
Perchè, per quanto ce la raccontassimo, c'era lui dentro questa brutta storia. Lui, a far finta di non sentire e di non vedere, lui a parlare del futuro "quando starò bene", lui a cercare di lamentarsi il meno possibile per cose che io non potrei tollerare per due ore.

Il fatto che sia morto in quel modo, per quella causa, è una questione per me aperta, un motivo di rabbia che nessun processo e nessun indennizzo può realmente sedare.
In altre zone d'Italia i problemi correlati all'amianto hanno e hanno avuto risonanze diverse da quelle che si vivono qui a Bergamo, dove sostanzialmente tutto tace. Ho cercato per un pò di tempo gruppi di parenti di vittime, qualcuno con cui poter condividere, parlare, rielaborare la mia rabbia. Non ho mai trovato nulla: forse è un territorio poco aperto a questo tipo di argomenti o forse, banalmente, il silenzio alimenta il silenzio.
O forse tutti pensano che, con la morte, si devono spegnere anche la rabbia, l'indignazione, il desiderio di capire meglio, di avere risposte, per quanto dolorose possano essere.

Invece una morte come quella che è capitata a mio padre si insinua dentro la vita di chi resta, scoppiando come una bomba. Ha cambiato il mio modo di vedere la vita, il lavoro, il futuro. Io non riesco più a tollerare di condividere nulla con persone che non hanno senso del dovere, che non amano il lavoro, che per amore dei loro figli non riescono ad alzare la testa (e abbassarla quando serve), che non riescono a svegliarsi ogni mattina felici non di fare qualcosa, ma di poter essere qualcuno, lavorando. 
Perché mio papà per questo è morto.

Mi chiedo spesso se i colleghi di mio papà hanno figli, magari della mia età, e se anche loro sono arrabbiati come me e hanno voglia di parlare, raccontare, condividere. Se anche loro hanno passato giorni interi in internet a cercare documenti, articoli, testi di legge, qualcuno, qualcosa con cui confrontarsi e se poi alla fine hanno ceduto al dolore e alla fatica, o alla consapevolezza che oltre a Casale Monferrato ci sia ben poco.
Ma adesso che è passato un pò di tempo, qualcosa dentro di me continua a non volersi spegnere: la rabbia, la consapevolezza che se ne parla troppo poco, quei numeri che messi insieme suonano come una strage, ma presi uno per uno passano nel silenzio.

Io credo fermamente che morire di lavoro sia un'ingiustizia enorme: così come cadere da un'impalcatura, morire per un tumore provocato da ciò che si respira lavorando è aberrante. Non doveva capitare, non solo a mio padre. Non solo perchè era mio padre.
Negli ultimi mesi ha fatto molte volte dei bilanci della sua vita, alcuni silenti, molti altri riassunti in poche, gelide parole: ho lavorato tutta la vita, e ora sono qui. Ciò che avrebbe potuto e dovuto salvarlo non è stato fatto decenni fa. E scusate ma non mi basta.

Non so bene quale sia lo scopo di questo post, di certo sento che lo devo a mio padre e a quelli come lui. C'è forse la voglia che i motori di ricerca portino qui qualcuno a riconoscere i propri sentimenti nei miei, spinti dal bisogno di dare un nome alla parola "parenti", forse la consapevolezza che mio padre mi direbbe "Non esiste? Fallo tu."

E da qualche parte bisogna pure cominciare.
giuppy

sabato 24 dicembre 2011

Sweet ... Scrub .... Christmas!



E' la vigilia di Natale, la corsa contro il tempo è finita!


Quest'anno io e la mia compagna di blog, per i regali di Natale abbiamo pensato a qualcosa di ... DOLCE...

Girovagando nel web nei siti dedicati alla cura del corpo mi sono imbattuta in vari scrub naturali  e ne ho testati alcuni. 
Quando ho ritenuto di essere arrivata al migliore, ho voluto sentire le impressioni di Giuppy, cosi' le ho mandato un tester e il mio giudizio positivo ha trovato subito una conferma entusiasta.
Quindi.... a beneficio di una pelle morbidissima, libera dalle cellule morte abbiamo optato per... un Natale a base di ...SCRUB.

Noi vi consigliamo di provarlo e vi postiamo qui la "ricetta":

1 tazza colma di zucchero di canna
1/2 tazza di olio di mandorle dolci
qualche goccia di olio essenziale a scelta se gradite una profumazione
Facoltativo: 1 cucchiaio colmo di vitamina E pura (tocoferolo).

Ho voluto arricchire il mio scrub di questa sostanza che per la pelle è davvero indicatissima, la si acquista pura in farmacia, è piuttosto costosa....ma in cosmetica è molto utilizzata, addirittura ci sono creme il cui componente unico è la vitamina E (fate una ricerca in merito e vi si aprira' un mondo...).


Una volta miscelati questi ingredienti si ottiene una crema granulosa, la si utilizza sulla pelle inumidita e si massaggia a lungo su tutto il corpo prima di procedere alla doccia abituale.

Il risultato è una pelle morbidissima e allo stesso tempo gia' molto idratata.

Ho deciso di confezionare lo scrub in questi contenitori stile conserva fatta in casa, proprio come un notissimo scrub a base di sostanze naturali che aveva attirato il  mio sguardo per il suo packaging  in parafarmacia.

Un piccolo cerchio scallop con un fiocco di neve sul coperchio trattiene il fiocco scozzese che veste a festa il contenitore.


Ho esulato un po' dalle mie ordinarie creazioni!
Elena.

Con questo post io e Giuppy vogliamo augurare a tutti voi che ci seguite e ci donate sempre tanto affetto, un Natale sereno.

mercoledì 21 dicembre 2011

Jingle Bells!!! Jingle Bells!!!



Questa MINI card è stata realizzata usando i timbri di Waltzingmouse di un set natalizio che  mi piace moltissimo.

Anzi, fateci un giro sul loro sito perchè... a mio avviso certe cosine son davvero deliziose.

Per la mia minicard mi son voluta discostare dai tradizionali colori riconducibili al Natale, optando per il marrone e il beige, decisamente differente  anche lo  stile molto meno giocoso e colorato della precedente.

Ogni tanto.... E' bello anche cambiare...!

Elena

lunedì 19 dicembre 2011

Ancora una card per Natale....


Ormai siamo agli sgoccioli e non ho ancora avuto tempo di postare le ultime card natalizie che ho realizzato....
Quindi, eccone una.

Un formato insolito e a piu' livelli, colori rosso e bianco e il paperpiercing per il nasone della renna, di Babbo Natale e del pupazzo di neve, cosi' come per i particolari dei cappelli.
Questi timbri mi hanno subito conquistata per la loro simpatia!
Il nastro che chiude la card è in organza rossa con un'impuntura bianca.

Elena

sabato 17 dicembre 2011

Malanni di stagione



Io me ne accorgo subito: un filino trasparente che scende dalla narice e so che sta per arrivare qualcosa di brutto.
Ripeto come un mantra: No Elisabetta non ti stai ammalando non ti stai ammalando non ti st... ECCIU'.
Iniziano le abluzioni di fisiologica, nel senso che fino a sei mesi fa compravo le comode fialette in plastica monodose, adesso sono passata direttamente alla boccia di fisiologica da mezzo litro, quella che si usa per le flebo, che a vederla in giro per casa con una siringa infilata dentro mi fa senso ancora adesso. Servisse farle il bagno nella fisiologica giuro che glielo farei...
Dicevo, inizio a spararle nel naso quantità enormi di fisiologia sperando di sradicare sul nascere ogni minima traccia di raffreddore o qualsiasi altra cosa stia arrivando. 
Il problema è che nel giro di due ore arriverà la tosse. 
Cof.
No ma aveva un granello di polvere in gola.
Cof.
No ma si è ingozzata con il panino.
Cof Cof
No ma l'ho vista: si è ingozzata con la saliva!
Cof Cof Cof ahhhh ma ma mammmmma
Dalla tosse in poi non c'è modo di resettarla, di solito si associano inappetenza, occhietto da panda, se sono fortunata anche un po' di febbre che la fa piangere per ogni stupidata. Tipo che piange spaventata indicandomi un filo di cotone dotato di vita propria che si muove sul pavimento... E chissà chi lo muove il filo?? Ah pensa Elisabetta, è un filo attaccato ai tuoi pantaloni!! Buuuuuu.
Di notte, almeno un risveglio ogni ora: tossisce, si lamenta, spara via il ciuccio, chiama. 
E la Giuppy si alza, cerca il ciuccio, cerca la bocca di sua figlia e fa in modo che domanda e offerta si incontrino, dispensa acqua, camomilla e miele (sì, proprio miele, me ne frego di quello che dice la pediatra) e risponde all'appello
Perché la bimba, alle due o alle quattro del mattino, vuole sapere dove sono e cosa stanno facendo: papà, nonna, Arianna, zia Pama e zio sgi-sgi. Se la risposta non la convince (Dai Elisabetta, sono le 4, dove vuoi che sia la zia Pama??) finita la lista dell'appello riparte dai non pervenuti: "Pama?"
Ci infila anche le domande a tranello: "mamma?" "Amore la mamma è qui".
Ho provato a risponderle: "La mamma è andata a bersi un mojito con una compagnia di allegri ventenni": piange, quindi è attenta, chiede con cognizione di causa, non si scherza insomma. Lo ricordo: tutto ciò avviene ogni ora per tutta la notte, intervallando cof-cof e strilla. 
L'anno scorso ero più brava e più paziente: le pulivo il naso con la fisiologica ogni volta che si svegliava (ma allora avevo le comode fialette monodose), le facevo aerosol tre volte al giorno e provavo anche qualche rimedio alternativo. 
Adesso corro dalla pediatra: il risultato è stato due antibiotici in 20 giorni. 

Che poi dico: perché nel costo dell'antibiotico non è compresa la lavorazione finale? Perché la preparazione si presenta sempre sottoforma di polverina bianca che necessita quantità variabili di acqua per essere disciolta e diventare uno sciroppo che sa di big-babol? 
E perché richiede l'interpretazione di quattro persone per essere dosata con una siringa che riporta su un lato le dosi in base al peso del bimbo e sull'altro i mg che servono per peso del bimbo?? Non posso comprarla già sciolta la polverina che poi, come chiaramente mi è capitato, se mi scappa la mano con l'acqua e la diluisco troppo cosa faccio? Aggiungo alla dose un tot di mg a caso o faccio finta che Elisabetta pesa di più o ne butto via un po' per arrivare al livello giusto??
Un giorno di fine novembre sono dovuta tornare dal lavoro di corsa, trovandomi di fronte questo scenario: nonna in lacrime che urla: "Piange-non mangia-non beve-sta malissimo-tossisce-ti ho chiamata quattro volte dov'eriiiii". Talmente in ansia che mi ha chiamata sul lavoro, ma nel posto in cui lavoravo nel 2008.
Elisabetta ridotta ad una piccola larva ansimante color cencio sporco. Fanno impressione i bambini malati: diventano taciturni, tristi, i loro occhi spalancati guardano senza capire... la sofferenza dei bambini per me è ancora insostenibile.
Ma mia mamma, dico, avrà visto ancora un bambino malato, no?
Invece niente, crisi totale, una nonna allo bando.
Per fortuna poi, a mia mamma serve solo il capro espiatorio per stare meglio: non le interessano le soluzioni o le spiegazioni, lei vuole il colpevole per crocifiggerlo.
Questa volta è bastato dirle: "Il pediatra ha visto che ha la gola viola" e lei è partita: "Eh, l'Elisabetta è delicata di gola, eh ma la gola è terribile, tremenda la gola, si tira dietro tutto il resto la gola". E' stato così anche per il mal d'orecchie e la gastroenterite: io le dico un sintomo pittoresco e certificato dal pediatra e lei è posto: diagnosi, prognosi e giorni di degenza. Inutile dire che tutte le sue amiche, le sue compagne di merende e di messa e perfino il parroco sanno che Elisabetta aveva la gola viola. Eh, la gola...


Sinceramente non amo molto curare questi malanni con l'antibiotico, ma non mi piace nemmeno fare l'integralista per forza. Mi è già capitato di vedere Elisabetta con la bronchite respirare con il fischietto in gola per giorni, insistere con tutti i tipi di farmaci da banco possibili senza che nulla cambiasse, e non mi sembra razionale...
Per il resto...l'areosol ormai lo evito come la peste: ho la sensazione che faccia peggio di quello che la natura fa già da sé e gli sciroppi per la tosse sono solo un placebo per le mamme, ne sono sicura. 
Come quella volta che ho chiesto alla pediatra: "Ma il mylicon funziona per le coliche?" e lei: "Sì, serve a tranquillizzare la mamma".

Insomma, qui si cerca di ridere un po' dei malanni di stagione, che non saranno nulla di grave ma scombinano un po' la vita di tutti. 
Io sto provando un farmaco omeopatico per cercare di prevenire, qualche mamma ha esperienze positive in merito?
giuppy


martedì 13 dicembre 2011

Porta Tea light.



Anche per questo Natale ho pensato di creare qualche porta candela.

Visto il successo di quelle che avevo proposto l'anno scorso, che se volete rivedere le trovate QUI e QUI, ho pensato di rimanere in tema candele e di decorare questi bicchierini e farli diventare dei porta Tea light.

All'interno del bicchierino, per tenere ferma la candelina ho usato della sabbiolina beige.
All'esterno un giro di nastro a pois e subito sopra del cartoncino ondulato.
Il fiocco è tenuto fermo da un cuoricino in polvere di ceramica.

Nulla di particolarmente elaborato, ma chi le ha viste dal vivo le ha apprezzate molto.

Elena.

domenica 11 dicembre 2011

La.daridari per Elisabetta

Daria è una creativa, una di quelle donne che io ammiro per la capacità di creare con le mani oggetti fatti di fantasia, colore, praticità. Ricordo ancora il pupazzo che ha cucito per Elisabetta quando era solo un puntino perso nella mia pancia: mi aveva emozionato moltissimo per la semplicità delle forme e la tenerezza che ispirava fin dal primo sguardo.

Ho la fortuna di conoscere Daria di persona, perché è la sorella della mia Amica, e questo ha i suoi lati positivi... come per esempio mandarle un messaggio per dirle: "Ehi senti Daria, non è che avresti voglia di cucire una cosa per Elisabetta? Cosa? Mah... colori.... tasche da riempire... cerniere da aprire e chiudere... Dai dai sono sicura che mi tirerai fuori qualcosa di bello. Ciao e grazie eh."

Il risultato, a parere mio e di Elisabetta, è un piccolo gioiello di stimoli sensoriali che si presta ad un'infinità di giochi, è facilmente trasportabile ovunque, esteticamente bellissimo e soprattutto... unico! 
Lo trovate QUI.

Un grazie di cuore a Daria, che ha reso felice una bimba e la sua mamma.
Giuppy

giovedì 8 dicembre 2011

Warm Christmas wishes, ma con la neve!!!!



Ho sempre adorato la neve, da piccola per la gioia di poterci giocare e crescendo per quel tocco di magia che regala ad ogni posto quando compare.

Il silenzio irreale che si posa con essa sopra ogni cosa e la luminosità che riesce a sprigionare anche di notte.
 Il paesaggio cambia, i contorni delle cose si evidenziano, il ritmo frenetico delle giornate inevitabilmente si placa.
Anche se non vivo in montagna, capita che la neve faccia capolino anche a Bergamo e, a parte i disagi della viabilità, per me è sempre una gioia.
 Mi riporta a quando da piccola seduta davanti al camino acceso,   mi facevo elencare da mio papa' tutti i Santi che secondo il suo calendario e la saggezza popolare erano "mercanti di neve"....

Ricordo la storica nevicata a Bergamo del 1985 quando ben 180 cm di neve in due giornate ci avevano sommersi, avevo dieci anni, scuole chiuse per giorni e una situazione paradossale, ma per noi piccoli splendida e irripetibile.
Forse ho parlato troppo, bastava dire che ho voglia di neve.... 



Una card quasi monocromatica, tanto bianco e il richiamo ai fiocchi di neve nella striscia centrale embossata.
L'unica nota di colore è data dai guantini legati con lo spago tra di loro e dalla perlina azzurra. 
Per me comunque, il Natale senza una spruzzata di neve perde un po' della sua magia.
Quindi speriamo nella neve e in un bianco Natale!

Ele



sabato 3 dicembre 2011

Card natalizia....


Lo confesso sono molto in ritardo quest'anno con le creazioni natalizie, inizio a postare la prima card.
Come sempre è molto easy... 

Gli alberelli sono un kit della Pinkpetticoat ritagliati e spessorati, ho punchato un fiocco di neve nei colori a contrasto, aggiunto uno strass  e timbrato l'augurio "Be Merry and Bright" di un set natalizio della Waltzingmouse Stamp's.

Raramente mi sbilancio... ma stavolta son sincera dicendo che a me piace molto!
E con questa card partecipo anche allo Scrappa e Vinci di dicembre di Hobby di Carta!

Ele

Portaconfetti con coniglietto.


Un'altra scatolina porta confetti per un battesimo per ARTarE.
Timbri coniglietto Toga, nastri Artemio.
Ele

mercoledì 30 novembre 2011

Il 25 dicembre 2009


Quando ho letto questo post, qualcosa si è mosso in me.
In me, che ultimamente sono granitica e fredda, che parlo dell'avvicinarsi del Natale in Facebook con post del tipo “Sento puzza di Natale”, che sto vivendo da qualche mese senza una vera dimora che sia mia e quindi senza nessuna voglia di albero, lucine, regali eccetera eccetera.
Il post di Simo mi ha fatto venire in mente il Natale del 2009.

Mio papà è morto il 10 dicembre 2009 (eh, lo so, parlo sempre delle stesse cose, e a che cosa mi serve altrimenti la blog-terapia???). In quel periodo c'erano già tutte le premesse  consumistiche di ogni Natale che si rispetti... e non c'è niente di peggio di essere tristi e sentirsi in dovere di essere felici. 
Una cosa mi faceva veramente star male: l'albero di  Natale dentro le case degli altri, quando la sera passavo in macchina e dietro i vetri intravedevo le lucine a intermittenza. Avrei spaccato ogni vetro con una sassata, perchè dentro quelle case per me c'era gioia, nella mia no, malgrado anch'io mi fossi sforzata di riesumare il mio albero bianco latte.
Mia mamma e mio fratello non avevano voglia di festeggiare, non volevano organizzare niente.
Ma io ero incinta, più o meno di cinque mesi. Quel pancino che non si vedeva, improvvisamente a metà dicembre era scoppiato, forse Elisabetta cercava il suo modo di dirmi: ok, adesso guardami, è il mio momento.

Io non sono una grande organizzatrice, accolgo con gioia gli inviti ma non sono brava a farli: non so mai cosa cucinare, se provo le cose prima vengono bene e poi la sera che mi servono faccio delle schifezze, non ho mai avuto molta cura dell'estetica a tavola... tipo che sono impazzita per dei bellissimi sottopiatti di vimini blu comprati a Lignano e non ho uno straccio di tovaglia blu e nemmeno un piattino azzurrino da abbinare. 
Ma insomma, quell'inverno mi ero sudata a suon di bollini il servizio di posate dell'Esselunga, mi ero fatta fare da mia mamma gli astucci di stoffa per dividerle e riporle come una vera donna di casa. Perché non provare a organizzare un pranzo?
E poi... a mio papà piacevano le feste, era contento quando stavamo insieme, con i bimbi e mia mamma presa dalla frenesia che a tavola non ci fosse abbastanza cibo, la gara a prenderci in giro dopo qualche bicchiere di vino. A mio papà piacevano le noci e il pandoro, come a me.
E allora proviamoci.
In quel periodo di sbalzi ormonali amavo moltissimo i cibi bianchi: panna, mozzarella, fontina (e anche l'albero di Natale bianco, sì)... Per l'occasione ho cucinato le lasagne bianche (cioè solo con mozzarella, grana e fontina), credo di averle propinate a chiunque sia venuto a cena in quel periodo, ma, essendo incintissima, nessuno ha mai osato dirmi: scusa, buone eh.... ma il pomodoro dov'è??
Mia cognata ha portato la sua famosa lonza al latte, tantissima lonza al latte che ancora riempie il mio freezer in comode monoporzioni (forse è ora che mi informi sui tempi di scadenza della carne surgelata) e la cremina al mascarpone per il pandoro, quella che potresti anche comodamente usare come impacco nutriente per i capelli secchi, con ottimi risultati. 
Ho preparato i segnaposto con i nostri nomi e ho comprato una piccola stella di Natale per mia mamma e mia cognata; i miei nipoti hanno portato la loro allegria, qualcuno ha portato le noci e il pandoro, io ho messo in tavola il mio bellissimo servizio di posate nuovo e ho girato per casa tutto il giorno con un vestitino grigio aderente che metteva ben in evidenza la mia pancia.
Sotto il mio albero (bianco, se non si fosse capito), due regali importanti: il biglietto per il concerto degli U2 per me (Torino-6 agosto 2010-che giornata!!!), e il primo carillon per Elisabetta.

Abbiamo chiaccherato di cose banali, ci siamo seduti sul divano dopo pranzo, abbiamo fatto volare aerei di carta, abbiamo aperto i regali comprati all'ultimo minuto, come tutte le famiglie fanno a Natale.
Abbiamo provato a dimenticare la tristezza di giorni trascinati dentro la malattia e il dolore, ci siamo sforzati di pensare che in fondo a Natale tutti hanno il diritto di essere un po' felici.
Solo per quel giorno, abbiamo provato a mettere davanti a noi, sul tavolo, le cose belle, non quelle tristi.
Non ci siamo riusciti del tutto, perché l'assenza è una grandissima stronza che si manifesta nei modi e nei luoghi più subdoli.

Però ci abbiamo provato.

E' stato un Natale sereno, nonostante tutto, un Natale senza grasse risate e senza frenesie, il primo Natale senza mio papà ma anche con Elisabetta, il primo Natale in cui i legami con la mia famiglia si sono rivelati fragili e delicati, il primo Natale in cui mi sono sentita davvero sola, ma in fondo... in ottima compagnia.

Ho alcune foto di quel Natale, ma sono perse nel mio pc che purtroppo da un mesetto non dà segni di vita... ho scelto quindi di utilizzare la foto di una delle creazioni della Ele, che ormai da un anno a questa parte è la mia fornitrice ufficiale dei regali di Natale!


Con questo post partecipiamo con mooooolto piacere a Ricordi di Natale: il candy di A casa di Simo.

Giuppy e Ele.

sabato 19 novembre 2011

Polvere di ceramica!




Come gia' noto, mi son lasciata prendere la mano ANCHE dalla polvere di ceramica....

Praticamente non son contenta di avere solo carta, timbri e inchiostri da riordinare, dovevo aggiungere al mio caos costante anche un po' di polvere di gesso.....

Cosi', son partita con questa nuova avventura e ho iniziato a divertirmi nel ruolo di gessista per caso.

Una volta tanto pero' son riuscita a coniugare una nuova passione con una gia' affermata e cosi', ho pensato di utilizzare questo mio cavallino a dondolo (che mi piace tantissimo) per una card.

Generalmente sono ipercritica con le mie creazioni, ma stavolta son davvero soddisfatta del risultato.
Elena


mercoledì 16 novembre 2011

18 mesi


Il 13 novembre ha segnato i nostri primi 18 mesi insieme, fuori dalla pancia, in questo mondo strano.
Potrei dire molto di te: quando si parla dei traguardi dei bimbi di solito si raccontano tutte le cose che sanno fare. Tu sai giocare con pentolini e cucchiai, sai capire tutto quello che ti dico e reagire alle sgridate con il faccino triste, sai spegnere e accendere la luce, riordinare i tuoi giochi, sai dire il tuo nome: Dedda. 
Che per me è un grande traguardo, perché quando ho deciso di chiamarti Elisabetta mi chiedevo come ti saresti relazionata con il tuo nome, in quale modo avresti provato a dirlo, e Dedda mi sembra bellissimo perché nemmeno con la più fervida fantasia avrei mai potuto immaginarlo.
Dicevo... potrei dilungarmi a raccontare cosa sai fare, ma a me piace cominciare a pensare chi sei, quali aspetti del tuo carattere si stanno rivelando, come vivi nel mondo. Perché è più difficile, ma immensamente più bello.
Sei una bambina che sorride spesso: sorridi quando ti svegli, sorridi quando mi saluti, sorridi quando giochiamo. Raramente sei diffidente e intimidita, se qualcuno passa davanti a te con un gelato in mano fai di tutto per far capire allo (sfortunato) passante che ne vuoi un assaggio. Sei un pochino sfrontata, sì, giusto un pochino. Quanto mi piaci....
Sei una bambina serena, capace di giocare da sola e di addormentarti da sola, reclami con forza le attenzioni ma sai anche giocare vicino a me mentre cucino dopo un'intera giornata fuori casa, senza spazientirti.
Quando cadi, è rarissimo che il tuo pianto superi il minuto, anche quando ti fai davvero male e poi mi tocca vederti per una settimana con un livido enorme sulla guancia o sulla gamba. Tu cadi, piangi un attimo, qualcuno ti consola e poi via. Poche storie, insomma.
A volte ti arrabbi, e allora vai a fare il giro della stanza, predicando nella tua lingua criptica la tua ira, ma tutto questo dura davvero poco.
Spesso mi chiedo come fai a gestire così bene il confine tra la voglia di importi e il rinunciare alla battaglia, se capisci che è persa in partenza. Ci sono delle occasioni in cui ti dico “no” e tu, semplicemente, abbassi la testa e tiri dritto, passi ad altro, senza pianti né capricci, e io resto un pò stupita: vorrei che tu lottassi un po' di più. Vedo anche l'altra faccia della medaglia: sai benissimo che il mio no sarà no fino alla fine del mondo, riconosci che non sei tu quella che stabilisce le regole. Questo mi va benissimo, ma ho come la sensazione che troverai pian piano altre strategie per fregarmi, ben diverse dalle mie che nel “corpo a corpo” strillo e mi incaponisco... ma se si sa come prendermi mi faccio convincere di tutto e del contrario di tutto.
Ecco, so che capirai presto come prendermi.
Sei affettuosa: sai baciare, abbracciare, accarezzare, cerchi il contatto fisico di chi ami, ma con dei limiti: se metto insieme il tempo in cui sono riuscita a tenerti in braccio negli ultimi 6 mesi credo di raggiungere al massimo 1 ora. Non ti piace stare in braccio, tu vuoi scendere per terra e avere il tuo spazio di autonomia: se vuoi attenzioni, mi chiedi di sederti vicino a te, non di prenderti in braccio. Questo tuo modo di stabilire i confini mi ha aiutata parecchio a vivere bene con te, perché io non credo di essere in grado di tenere in braccio una bambina di 13 kg mentre cucino o passo l'aspirapolvere; posso riempirla di baci, carezze, posso giocare con lei per ore, ma in braccio davvero no...
Nelle case che non conosci ti muovi con curiosità ma anche con cautela, tocchi quello che ti viene permesso, fai le faccine simpatiche, giochi con chi ti dedica del tempo. Ami il telefono, guardarmi mentre fingo di telefonare alla nonna o al papà (decidi tu di volta in volta a chi si telefona).
E' strano, in 18 mesi non hai mai rotto nulla, tranne un bicchiere e un piatto. Il bicchiere te l'ho affidato io, troppo fiduciosa: “portalo alla nonna” ma non hai resistito all'istinto di gettarlo a terra. Il piatto l'hai lanciato per vedere che effetto faceva, l'hai sbeccato e anche se è passato un mese me lo mostri spesso e vuoi che ti ripeta tutta la scenetta...
Vuoi metterti le mie collane, le mie scarpe, adori gli stivali, ti accorgi subito se indosso un vestito che non hai mai visto, e insomma ti piace anche Hallo Kitty... Temo di aver avuto un ruolo in quest'ultima questione, non vorrei ti avesse condizionato il fatto che posseggo giusto quelle due o tre cosine di Hallo Kitty....

Sei una bambina brava, o almeno, fai tutto quello che ci si aspetta da una bambina brava. A volte mi chiedo come è iniziato tutto questo, e non posso che tornare indietro con la mente...
Ci sono stati quei cinque mesi strani in cui io parlavo continuamente con due persone che non potevano rispondermi: mio papà, che era morto a dicembre, e tu, che sei stata nella mia pancia fino a maggio. Vi parlavo, vi chiedevo cose diverse, aspettavo le vostre risposte.

Silenzio.

Eravate con me, vicinissimi entrambi, ma io mi sentivo immersa nel silenzio. Non potevo raggiungervi in nessun modo, potevo solo aspettare (nel tuo caso) e rassegnarmi (nel caso di mio papà).
A mio papà chiedevo spesso che tu fossi una bambina tranquilla, che mi permettesse di vivere i primi mesi serena, senza impazzire per la deprivazione di sonno e l'ansia di non sapere fare e non saper essere.
A te, chiedevo di sentire la sua presenza, lì in quella strana dimensione in cui nuotavi.
Credo che mio padre abbia calcato un po' la mano, perché dopo che sei nata per un mese intero hai solo dormito e mangiato; poi, qualche colica giusto per ricordarmi che eri una bimba come tutte le altre, ma per il resto... lunghe dormite e io con le mani in mano indecisa se svegliarti o no per farti mangiare.

E' così che ho capito che mio papà aveva ricominciato a parlarmi.
Adesso hai 18 mesi e stai iniziando a parlare tu.
E io vi ascolto.
giuppy

venerdì 11 novembre 2011

Battesimo e ....scarpine!





 Per il battesimo della bimba di una mia cara amica, mi son state commissionate delle "scatoline" porta confetti.

Il problema era come valorizzare un superbo lavoro handmade della bisnonna della piccolina: tantissimi centrini all'uncinetto in cui avvolgere i confetti.

Tra le varie idee quella che subito m'è sembrata piu' congeniale è stata la famosissima scarpina che Manu arte & cuore aveva  utilizzato per il battesimo di suo figlio e di cui ha gentilmente condiviso in rete il file di taglio.
Mi piaceva l'idea che si vedessero bene i centrini pazientemente confezionati per l'occasione e che potessero assomigliare quasi ad una calzina che spuntava dalla scarpa.

Io e la bisnonna abbiam lavorato sodo.... ne son state confezionate ben 110!!!

La mia amica è rimasta soddisfattissima e questo per me è tutto!

Elena.

P.s.:
...noi donne abbiamo un debole per le scarpe....ma per un po' io giuro che... riesco a farne anche a meno!!!





domenica 6 novembre 2011

venerdì 4 novembre 2011

Burrasca...

Ci sono alcune cose riguardo all'avere un figlio, che non mi erano ben chiare dall'inizio. 
Che la gravidanza ti ribalta come un calzino, per esempio. Che il sonno diventa diverso, che i ritmi cambiano, che le priorità si mescolano, che a volte è un problema trovare il tempo per una doccia.
Potrei fare una lista lunghissima, se non fosse che dopo quasi un anno e mezzo l'allattamento, il parto, lo svezzamento sono diventati secondari (che bello potersela tirare un po'...) e non pressano più così tanto proponendomi un problema nuovo al giorno.

Ne ho un altro, di problema. O meglio, giusto due o tre.

Qualcuno lo sa, qualcuno l'ha intuito, è così: non vivo più con mio marito, il mio matrimonio ha dei seri problemi.

Ecco, adesso che l'ho scritto mi sento anche meglio, perché a volte le cose vanno chiamate con il loro nome, dichiarate, affrontate, guardate, senza misteri o tentativi di mantenere la coerenza dove invece si fa acqua da tutte le parti.
Uno tra i miei (tanti) problemi in questo momento è rispondere alle domande che mi faccio sul futuro di Elisabetta. Perchè a me, giovane donna navigata alle soglie dei 35, non era del tutto chiara la portata di responsabilità che arriva con un figlio, o meglio, le modalità di gestione di questa responsabilità.

Quello che penso, perdonate la schiettezza, è che finchè le cose vanno bene siamo tutti bravissimi, seri, coerenti, sereni nel gestire la vita dei nostri figli. Finché reggono le nostre certezze, siamo tutti capaci di affrontare le difficoltà, magari male, magari “come ci viene”, ma ce la facciamo, riusciamo a guardare al futuro con una dose di leggerezza e di fiducia che ci fa stare in piedi.
Io non ho più la terra sotto i piedi da un po', e con la terra se ne sono andate molte delle mie certezze: in quale casa avrei abitato, chi avrebbe condiviso con me le fatica di coppia e della genitorialità, cosa avrei scelto per mia figlia, in quale scuola l'avrei mandata, cosa le avrei insegnato del mondo. Tutte queste cose, nonostante le difficoltà, mi erano abbastanza chiare fino a qualche mese fa.

Adesso non so più nulla. Buio.

Vivo le giornate in un equilibrio precario, cercando solo di non farmi troppo male, cercando di essere una madre decente, buona, comprensiva, per quello che mi riesce in giorni in cui vorrei solo affondare il viso in un cuscino e non sentire i miei pensieri. Non sentirli più.

Non ricordavo cosa fosse l'angoscia.
E' svegliarsi la mattina per andare al lavoro e piangere in macchina.
E' sentirsi sempre come quando si va in giro con il serbatoio in riserva o si contano i centesimi rimasti nel portafoglio per riuscire a pagarsi un caffè.
E' guardarsi allo specchio e vedere solo occhiaie.
E' accorgersi, all'improvviso, che tutti i vestiti che mettevo prima di restare incinta non mi vanno più bene, perchè sono troppo larghi.
E' guardare Elisabetta e chiedermi cosa sia giusto per lei, quale immagine di famiglia si costruirà nella sua testa, che cosa vorrebbe lei. Stabilità, serenità, due genitori felici insieme? Io queste cose non le ho ora per lei, e non so cosa potrò darle domani. E dopodomani.
Mi angoscia sapere che le mie scelte condizioneranno la sua vita, i suoi ricordi, la sua infanzia. Mi angoscia sapere che la strada che percorro io implica il trascinarmi dietro lei, nel bene e nel male.

Mio papà me lo diceva continuamente: vai sempre in giro in riserva e senza soldi nel portafoglio, e se ti succede qualcosa?? Se mi succede qualcosa ti chiamo, gli rispondevo.
Non pensavo che mi sarebbe successo questo, che avrei dovuto confrontarmi con la difficoltà di pensare al futuro mio e di Elisabetta, non sapere dove saremo tra un anno, non sapere come le spiegherò tutto questo, se capirà, se mi giudicherà in silenzio come molte persone fanno.

C'è quella maledetta frase che mi risuona in testa e nella pancia: “nella nebbia non si accelera”.
Banalissimo, eppure per sentirsi vivi bisogna lasciarsi stupire anche dalla banalità di una frase come questa: non posso prendere decisioni senza aver prima capito.
Cosa, di preciso non lo so. Ma so che devo capire.

E... ve lo devo:
Grazie a tutti voi che con un gesto, una parola, un “come stai” mi fate sentire meno sola, nel web e nel mondo. Grazie per le risate in FB (ele, germana e franz sanno di cosa parlo), davanti a un mojito o a un caffè (e un succo alla pesca NON FREDDO per Elisabetta).
Grazie a tutti quelli che mi dicono che sono una brava mamma. Sgangherata, ma brava.
Grazie a tutti quelli che sanno andare al di là dei miei silenzi, della mia innata asocialità, della mia faccia da stronza.
Grazie a Ele che riempie il blog con le sue creazioni bellissime, ricordandomi che avevamo un progetto, un sogno.
E questo sarà proprio bello raccontarlo a Elisabetta.
giuppy

P.s. La foto è della mia compagna di Blog Ele (... lei non le pubblica mai, ma di carine ne avrebbe davvero da far vedere).

lunedì 31 ottobre 2011

Stavolta mi son data ai quadri...!





A luglio, Germana e Giusi come gia' detto in post precedenti son venute a Bergamo e ho avuto il piacere di averle ospiti per un pomeriggio all'insegna del poco stamping ma tanto divertimento!
In quell'occasione hanno omaggiato me e la mia compagna di blog di alcuni regali rigorosamente handmade!
Inutile dire che son due talenti queste donne perchè le conoscete gia', ma devo dire che i loro utilissimi regali son stati per me anche fonte di ispirazione!

Da una cornice che m'ha regalato Germana è partito questo lavoro....


Per prima cosa m'ha fatto scoprire i sentiments di Tim Holtz.... e cosi' ho fatto incetta in America sul sito di Simon Says Stamp, sfidando la dogana, il lunghissimo mese d'attesa del pacco e l'ormai ricorrente shock da saldo del mio estratto conto... e poi m'ha messo in testa di  creare qualcosa con i quadri... naturalmente di Ikea.
Questo è quello che ne è venuto fuori!!!



Diciamo che le frasi, secondo me meritavano davvero una CORNICE!!!

Elena.


martedì 25 ottobre 2011

Guest Designer!





Halloween ormai è alle porte...
Personalmente non ho mai festeggiato questa ricorrenza, per svariati motivi... 
Quando ero una ragazzina (e qui dimostra che son vecchiotta) di questa festa in Italia nemmeno se ne parlava, ora invece l'abbiamo fatta nostra e nemmeno capisco bene i motivi.
Comunque sia, oltre a raggiunti limiti d'età non ho figli e anche questa condizione automaticamente mi estromette dal giro "Trick or Treat" !
 Un giorno vengo contattata dal guru delle cards... ALBERTO.... che mi chiede se son disposta a partecipare come GUEST DESIGNER  per.... Deep Ocean Challenge!!!
Ovviamente sono rimasta li' per li' basita....perchè  il mio stile eccessivamente minimalista è proprio l'esatto opposto di chi ama i timbri Magnolia e tutto il loro mondo, percio' son partita dicendo ad Alberto che mi sarei sentita fuori luogo, ma la sua insistenza e le sue rassicurazioni m'han fatta capitolare e ho accettato!
Il tema del challenge aveva a che fare con "QUALCOSA DI DOLCE"... e ho pensato di realizzare delle scatoline porta dolcetti per l'appunto visto il periodo per Halloween...
Quindi... i bimbi che passeranno a suonare alla mia porta riceveranno queste!
Ringrazio ancora Alberto per avermi invitata!

Elena

mercoledì 12 ottobre 2011

Porta Post-it e una card coordinata.



Da quando ho realizzato i primi porta post it alterando i portafoto in plexiglass, la mia compagna di blog Giuppy se ne è innamorata, tanto da commissionarmene vari....
L'ultimo è questo che vedete qui sopra.
(La mitica Germana era stata la mia musa ispiratrice!)

Questo regalino Giuppy lo voleva per la sua amica Irene, che doveva affrontare il "tragico" rientro in ufficio dopo un anno di maternità... Percio' occorreva anche una piccola card per accompagnarlo.
Questa scritta m'è sembrata ben augurante, e ho voluto usare la stessa carta da sfondo.
A Giuppy è piaciuto moltissimo, ma lei è di parte ovviamente....  M'è giunta notizia che anche Irene l'abbia apprezzato tanto.

Ele.

sabato 8 ottobre 2011

Portaconfetti e invito battesimo.


Per ARTarE ho creato con questi angioletti Aladine un invito un po' "alternativo" e una scatolina portaconfetti per un battesimo.
L'ho definito alternativo perche' si discosta dal solito AZZURRO o ROSA molto evidenti, c'è solo un tocco di azzurro nel fermacampione.
Tutto il materiale e altre foto li trovate nello shop di ARTarE!
Elena

domenica 2 ottobre 2011

Biglietto per il compleanno di una bimba.



La mia collega mi ha commissionato un biglietto per il compleanno della sua nipotina.
Il mio orsetto dei Forever friends è cosi' tenero che anche per una bimba piccola mi piace molto.
Il biglietto è il quadrato 10x10 cm, con il frontalino fisso e le alette che si aprono per far spazio alla scritta di auguri.
La colorazione dell'orsetto è fatta con gli acquarelli, percio' nulla a che vedere con le splendide colorazioni dei distress o dei copic... ma.... MI ACCONTENTO prima di entrare in quest'altro "pericolosissimo" tunnel!
Per rendere il tutto un po' piu' tridimensionale ho ricoperto  l'orsacchiotto con un velo di GLOSSY!
Ele

domenica 25 settembre 2011

Biglietto d'auguri.


Quando mi chiedono una card che non è per una cerimonia particolare e che non è destinata  a bimbi, mi prende sempre un po' di "ansia da prestazione".
Ho sempre il timore che possa essere troppo seria.
Questa mi è stata richiesta da mia cugina per il compleanno di mia zia Claudia.
E' una bellissima donna, poco piu' che cinquantenne e m'è sembrata comunque azzeccata la scritta BIRTHDAY WISHES, perche' i desideri li si esprimono sempre ad ogni compleanno indipendentemente dal numero di candeline sopra la torta.
Il resto l'ho voluto sobrio, sia nei colori che nelle geometrie.
Quindi ne approfitto on line, visto che è proprio oggi il giorno per festeggiarla per rinnovarle gli auguri!
Buon compleanno zia Claudia.

Elena

martedì 20 settembre 2011

ILGELATO SECONDO ANGELA



Sapevo che avrei avuto una bambina, molto prima di quel test di gravidanza di quasi due anni fa.
Sapevo che avrei avuto una bambina e che si sarebbe chiamata Elisabetta, sapevo che sarebbe stata una bimba con le ginocchia perennemente sbucciate, come me da piccola. Sapevo che avrebbe giocato all’aperto e che avrebbe scavato a mani nude nella terra (non sapevo che l’avrebbe mangiata, questo no). Ricordo benissimo un’estate in cui io e mio fratello sezionavamo lombrichi, li osservavamo al microscopio e li congelavamo nel surgelatore di casa: non siamo mai stati sgridati, al massimo mia mamma si assicurava che i lombrichi venissero inseriti  nelle scatolette rotonde dei formaggini prima di essere ibernati a fianco del minestrone. Ricordo che ogni pianta e ogni cespuglio del giardino potevano diventare lo scenario fantastico di un altrettanto immaginario villaggio dei miei puffi, ricordo tante estati passate a piedi nudi e almeno due sere all’anno  al pronto soccorso per farmi togliere le schegge di vetro che immancabilmente i miei piedi intercettavano.
Sapevo che Elisabetta sarebbe stata come me, e che per questo non l’avrei mai sgridata per un vestito strappato, una manina sporca di terra, un lumacone maldestramente raccolto dopo la pioggia. Sapevo che non sarei stata ossessionata dalla pulizia estrema, dalla preoccupazione che un vestito possa sporcarsi o che un piedino possa ferirsi. Lo dice una che è capace di andare al lavoro con una maglia indossata al contrario e accorgersi solo verso le 17 che un’etichetta ondeggia allegra sul fianco.
C’è un “ma”, lo sapete già.
Io non sopporto vedere Elisabetta sporcarsi. Voglio che lei si senta libera di farlo, ma quando lo fa io mi sento male.
Credo che questa strana sensazione abbia avuto origine nei primi giorni con lei: non sentivo quell’onda trascinante di amore nei suoi confronti, mi sentivo inadeguata e incapace di fare la mamma, spaventata da ogni suo versetto e tutte quelle sensazioni mi facevano paura. Ad un certo punto mi sono detta che forse non era così importante calarmi nel ruolo di mamma affettuosa che avevo in mente, che forse dovevo iniziare da qualche compito più semplice: nutrirla e tenerla pulita. Del resto, in quei primi giorni sembrava che lei non desiderasse altro. Ho concentrato le mie energie per un po’ su quei due compiti, in maniera precisa e puntuale e ho cominciato a ripetermi “giuppy, tu sei una brava mamma perché Elisabetta mangia ed è pulita: andrà tutto bene”. E in effetti il resto è venuto da sé, dai bisogni primari a quelli più complessi il passo è stato naturale, ogni cosa ha preso la giusta strada.
Credo però che mi sia rimasta in testa l’equazione brava mamma=bimba pulita: si è depositata in me e lavora dietro le quinte. Per esempio, dietro le quinte di un sabato a casa della mia amica Angela, che non è una mamma ma è una grande Donna, e proprio per questo mi ha insegnato qualcosa sul mio modo di essere mamma.
A casa di Angela Elisabetta ha visto per la prima volta un ventilatore a pale in funzione, si è buttata dall’unico scalino presente sbattendo la guancia (non il ginocchio-non la testa-la guancia!!!) e ha assaggiato il gelato alla panna con i frutti di bosco caldi. “Assaggiato” significa che, posizionata la ciotola ben lontana da Elisabetta e dotata la bimba di bavaglino impermeabile, le porgevo qualche misurato cucchiaino di gelato. Angela ha resistito impotente qualche minuto, poi ha deciso che quello non era il modo di mangiare e, ignorando le mie proteste, ha messo davanti ad Elisabetta la sua ciotola di gelato. Mia figlia, incredula, ha fatto quello che credo stesse aspettando da un anno: ha lavorato il gelato con le mani e con il cucchiaio, l’ha succhiato, l’ha raccolto con le dita e spalmato ovunque (sul suo viso, sul tavolo di vetro di Angela, sui miei jeans…). Non ho prove che possano documentare la felicità di Angela e di Elisabetta, ero troppo tesa per pensare di tirar fuori il telefono e fare una foto…ma credo che anche una foto della mia faccia sarebbe stata divertente…
Per Angela e Elisabetta quello era il modo giusto di mangiare il gelato: spargendo, spalmando e sporcando. Io mi sentivo a disagio per le goccioline di gelato sul tavolo, per lo strato appiccicoso che si stava depositando sul viso di mia figlia, per la sua maglietta a fiorellini rosa pulitissima… cioè per disastri risolvibili in dieci minuti e con poco sforzo. E’ chiaro che non era questo il problema, c’era qualcos’altro che mi rendeva tesa.
C’è in me, giù nel profondo, il timore di essere ritenuta una “cattiva mamma” perché non so tenere pulita mia figlia e perché non so insegnarle le “buone maniere”, c’è il timore dello sguardo di un estraneo che si posa su una macchia, su un vestito strappato, su un ginocchio sbucciato, e giudica.
Nella vita i giudizi si prendono e si danno, più o meno consapevolmente lo facciamo tutti, perché giudicare serve anche per decidere cosa è bene e cosa è male per noi, cosa non faremo mai e cosa invece certamente faremo in una certa situazione. Si giudicano le persone, ma quando il giudizio tocca a noi spesso ci offendiamo, oppure ci scansiamo elegantemente per lasciare che cada nel vuoto. Eppure, essere giudicata come mamma è una cosa che spaventa particolarmente, che fa sentire male, a disagio, in difetto, fa venire voglia di scappare lontano in un passato in cui bastava mettere due lombrichi nel congelatore per sentirsi felici.
Qualcosa mi dice che sono sulla strada giusta, che le paure  vanno scardinate partendo da un gelato, che i nostri limiti possono non diventare i limiti dei nostri figli, se impariamo a riconoscerli. Intanto, a casa di Angela Elisabetta ha imparato finalmente come mangia il gelato una bambina di 16 mesi, io ho capito che ho ancora molto da imparare, e di certo ancora molte magliette da lavare…
giuppy