mercoledì 6 aprile 2011

Anche le nonne si ammalano


Doveva succedere prima o poi, e infatti è successo: la nonna si è ammalata. Ho ricevuto al lavoro la telefonata che nessuno vorrebbe mai ricevere: “Giuppy, io sto proprio male, non è che puoi tornare a casa?”.
No che non posso tornare a casa mamma… Però posso mobilitare papà e fratello in un colpo solo, prendere un’ora di permesso, un giorno di ferie e pensare al Piano B.

Il Piano B, appunto. “B” di buco cosmico. Non ce l’ho mica un piano B io…

Come mi ha detto un collega: se il bimbo va al nido e si ammala, ci sono i nonni. Ma se i nonni si ammalano????
Io ho la fortuna di lavorare in un luogo in cui le relazioni sono ancora umane, dove un sorriso è un sorriso, dove un “come stai” esprime  interessamento vero, dove si può parlare della propria vita senza temere coltellate alle spalle. Certo, non tutti i giorni sono uguali e non tutte le persone sono sempre disponibili e sorridenti, ma malgrado le giornatacce e gli scazzi, lavoro con persone che ascoltano, guardano, capiscono, e fanno ipotesi.  E ti buttano lì un Piano B organizzandotelo con una telefonata, in cinque minuti, con il sorriso.

E’ così che la figlia di mia amica (e anche collega) ha deciso di aiutarmi con Elisabetta in questi giorni difficili.
E’ una ragazza giovane, solare, sorridente e piena di vita: so di lei quanto mi basta per affidarle mia figlia serenamente. E inoltre mi ha salvato… il lato B, appunto.

Mi sono ritrovata a pensare alle cose che avrei dovuto spiegarle per stare con Elisabetta, a dove si trovano gli oggetti  in casa, a quello che le piace, alle sue abitudini… bene, potrei già scrivere un libro!!
E’ incredibile come in poco meno di 11 mesi la casa si sia trasformata e modellata, di come si sia aperta per fare spazio a Elisabetta, di come alcune cose apparentemente insignificanti siano diventate importanti per lei. 
Per esempio la pianta grassa alla quale ama staccare le foglie per mordicchiarle, o l’irresistibile gioco di aprire e chiudere i cassetti, o gli appigli che cerca ovunque per alzarsi in piedi… e le sue adorate ciabatte.
Ma ancora più incredibile è il piccolo mondo nel quale vive, e nel quale io la accompagno costruendo e rinforzando abitudini e ritmi: i suoi orari per mangiare e dormire, il modo in cui dorme e si sveglia, i suoi giochi preferiti, le cose che la fanno ridere e quelle che la infastidiscono. 
E poi il modo in cui esprime la gioia e il disappunto, il suo ditino puntato ad indicare le cose che vuole toccare, il momento dopo cena in cui le faccio le coccole e gioca tra le mie braccia toccando il mio viso.

Non è facile rendere comprensibile agli altri tutto quello che c’è dentro le nostre giornate, compresi i momenti in cui ci stiamo antipatiche a vicenda e i momenti in cui vogliamo solo stare strette l’una addosso all’altra, i momenti in cui non riconosco la bambina di ieri e quelli in cui anche lei vede una mamma diversa.  Credo che sarebbe bellissimo poterle raccontare tutto questo un giorno, quando si chiederà come era la sua vita di bambina in questi mesi strani in cui tutto cambia così velocemente.  
Vorrei che capisse quanto pensiero e quanto affetto ci sono dietro ai gesti di ogni giorno, ma poi penso che questa è la cosa più difficile da capire per tutti, anche da adulti, e quindi non basterà solo scriverle tutte queste cose perché si depositino dentro di lei come monete preziose in un forziere chiuso a chiave…

Sono partita parlando di una nonna (e quindi mamma) malata, ho attraversato le relazioni umane, le nostre giornate, e sono finita qui...a dire solo che c’è molta poesia nell’essere mamma, ma anche nell’essere bimba, basta saperla vedere.
giuppy