martedì 10 maggio 2011

Scene da un opendey


Sì lo so che si scrive “open-day” ma fa figo scrivere le parole inglesi come si pronunciano, no?
Premessa: non intendo per ora mandare Elisabetta al nido ma, ispirata da Suster,  ho deciso che era proprio ora di guardarmi intorno, di vedere altre realtà, di sentirmi libera di scegliere il meglio per mia figlia. Se avessi saputo che all’opendey si mangia e si beve anche, avrei iniziato prima.

Premessa 2: io non amo le situazioni “sociali”, cioè quelle in cui più di tre sconosciuti si radunano per parlare del tempo e del sapore delle fragole: io mi sento quasi sempre fuori luogo, a disagio, e finisco per sparare battute che capisco solo io o per ritirarmi nel mio mondo autistico. Forse sono un po’ sociopatica, forse sono stata traumatizzata nella mia infanzia, o forse semplicemente questo è un tratto del mio carattere con cui devo fare i conti.

Ho accettato di partecipare all’opendey solo perché sapevo che ci sarebbe stata una coppia  di amici. Nonostrante questo, ho indugiato un’ora prima di decidere di andarci davvero, poi sono passata davanti al nido e ho capito che non potevo fermarmi perché non c’era parcheggio, poi ho fatto un altro giro e ho visto il giardino pieno di persone e mi è venuta l’ansia, solo al terzo giro mi sono ricordata di avere 33 anni e di non essere al liceo.
Ho parcheggiato, ho tirato il fiato, ho preso in braccio Elisabetta e ho pronunciato le seguenti testuali parole: “Amore senti, noi questa cosa la dobbiamo fare. Non esiste che ci facciamo imporre dal mondo questi stupidi limiti senza senso. Pensa a quante altre cose dovremo affrontare insieme, iniziamo da questa piccola cosina, ecchessaràmmai”.
Appena varcata la soglia del nido, ho pensato che in fondo il grosso l’avevo fatto e potevo anche tornare indietro. Dall’altra parte della stanza: “GIUPPYYYYY!!! AH, SEI ARRIVATA!!” Beccata dai miei amici: fregata.
Intorno a me una confusione totale e indistinta di: bimbi e bimbe vestiti a festa manco fosse Natale, papà con occhiali da sole impenetrabili, qualche mamma vestita a festa e qualche altra (di solito dotata di bimbo numero 2) decisamente sfatta, maestre con cartellini appesi al collo, giochi, lettini,  una cucina in miniatura, un tavolino apparecchiato con seduto sulla sedia un bambolotto, una tenda, ceste di pigne  e sassi finti (giuro: io non li avevo mai visti i sassi finti!!).

Una maestra, senza chiedermi chi fossi io o chi fosse mia figlia, decide che devo unirmi al gruppo “piccoli” per il giro del nido. E ha fatto bene, altrimenti sarei ancora nascosta sotto la tenda con gli altri bimbi come me… eh scusate, come Elisabetta.
Insomma, facciamo il giro: spiegazioni precisissime della maestra e fallimento totale di ogni mio tentativo di agganciare le altre mamme… tutte troppo attente e calate nel ruolo, con la carta dei servizi sotto braccio. A me la carta dei servizi l’hanno data alla fine, non so se era quello il trucco per sembrare seria…
O forse il problema è che avevo addosso una maglia che era già un po’ provata dalla vita quotidiana, ma prima di uscire avevo pensato “Vabbè la metto ancora una volta per l’opendey che DI SICURO la sporco con qualcosa e poi la lavo”
O forse perché ero L’UNICA mamma da sola? Forse avrei dovuto dichiarare che mio marito si trovava già da due giorni all’adunata degli alpini e passare subito per la moglie di un alcolista?
Ho anche fatto una domanda: “Accettate i pannolini lavabili?” La risposta della maestra è stata: “Sì -(pausa)- però noi ve li riconsegnamo a fine giornata e li dovete lavare voi”. Questa puntualizzazione mi ha fatto pensare che la mia maglia fosse davvero troppo provata, e che la cosa fosse ormai di dominio pubblico.

Ad un certo punto, veniamo tutti deportati in palestra e per farlo dobbiamo scendere delle scale: una mamma, preoccupatissima, si ferma e comincia a chiedere se le scale sono a norma, se i bambini le faranno da soli, si piega a toccare gli scalini per vedere se è vero quello che dice la maestra, cioè che sono fatte di un materiale antitrauma (non mi ricordo come si chiama ma il concetto è quello).
Entriamo in palestra: la stanza contiene qualche gioco, specchi deformanti e … SCALE!! Scalini, scalette e scivolini di legno e gommapiuma ovunque!! La bambina della mamma di cui sopra, non so se a causa della minigonna indossata per l’occasione, si è ben guardata dallo sperimentare qualcosa, mentre Elisabetta si è subito lanciata a provare OGNI scaletta, cadendo e rotolando in lacrime ad intervalli di cinque minuti.
Dopo venticinque minuti di scalette e lacrime  ho deciso che ne avevo abbastanza e me ne sono andata dalla palestra, così senza dire niente, mentre la maestra parlava delle settimane di inserimento. Con questa uscita  da diva mi sono giocata anche l’unica mamma  che aveva timidamente ricambiato il mio sorriso mentre Elisabetta tentava di rimuovere gli strass dai suoi sandali.

La mattinata si è conclusa con Elisabetta intenta a togliere e rimettere pigne da un cesto in cui erano state appena riposte da una maestra, la quale credo stia incrociando le dita perché questa mamma imbranata e sua figlia non rimettano più piede nel suo nido.

L’esperienza è stata, nonostante tutto,  positiva, ma ho deciso che devo crescere ancora un po’ prima di riuscire a superare la mia assoluta goffaggine sociale e la mia incapacità di apparire qualcosa di diverso da una perfetta cretina o una fredda antipatica.

Elisabetta invece, me lo sento, è pronta per il mondo!

giuppy

5 commenti:

  1. Ah Ah Ah! L'hai fatto anche tu! Te l'avevo detto che era una figata!!! (Hi Hi! Si fa per dire!)
    Eh, però non è giusto: al mio openday mica c'era il bouffet! Io comunque zitta zitta, ne ho fatto un altro, ma non ne ho parlato perchè ne ero uscita un po' depressa... forse dovremmo uscire dal tunnel ora che siamo ancora in tempo!

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  2. Agli open day l'anno scorso io non ci sono potuta andare perchè il cicciotto era malato in ogni occasione. E per fortuna... Mi sento la tua descrizione addosso come una bella maglia comoda (anche le mie sempre provate dalla vita quotidiana!) Soprattutto nella parte di mamma sola. Anch'io sono sempre sola in queste "fantastiche" occasioni mondane nidesche...

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  3. che bella frase che hai detto alla tua cucciola brava

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  4. Quando ti ho conosciuta non mi sei sembrata affatto goffa, anzi ho sinceramente pensato che tu fossi la classica bella senza averne l'aria, bella inconsapevole, e siccome ci sono in giro un sacco di racchie inconsapevoli che fanno le fighe arg tu mi sei piaciuta un sacco.
    E' vero verissimo le bi mamme di solito hanno un po' quell'aspetto scappata di casa causa allarme antiatomico. ahahah. CHECAVOLONESOIO?
    Ok, continuo a pensare ai miei frollini, ma il buffet almeno era buono? baci

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  5. @suster: ma sai che adesso che ne ho fatto uno voglio ripetere l'esperienza??? suster, usciamone prima che sia troppo tardi, prima di mettere la minigonna alle nostre bambine almeno....

    @owl: la solitudine è un alibi per un sacco di cose-ma ogni tanto pesa, soprattutto quando sei in quelle situazioni piene di famiglie da mulino bianco e vorresti far vedere a tutti come sono le famiglie vere (credo...)

    @mamma papera: lei mi guardava con due occhi tipo "la mia mamma è matta" :)

    @ilaria: mi hai buttato lì come se niente fosse un complimento bellissimo, grazie!!!! il buffet prevedeva caffè, plasmon e un sacco di tipi diversi di biscotti al cioccolato, che io non amo.... però faceva figo!!!! :))

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