Una cosa che ho imparato a conoscere e amare di Elisabetta è il suo stare nel mondo con gli occhi sgranati a bere serenamente sorsate di vita. Non si preoccupa di quello che la aspetta e di dove la porteremo, ama le sue abitudini ma non si fa spaventare facilmente dalle situazioni nuove. E’ curiosa: ci cerca con gli occhi ma sembra sempre sicura della nostra presenza e quindi assolutamente serena nell’esplorare gli spazi.
Quando voglio autoincensarmi mi piace pensare di essere la fonte della sua serenità, ma quando voglio essere più realistica so che non è la verità, purtroppo: questo è il suo carattere, qualcosa che va al di là di me… Perché Elisabetta affronta con tranquillità tutto ciò che manda in crisi me: i cambi di programma repentini, i cani, gli sconosciuti, gli spazi nuovi, i sapori nuovi. Io non so mai come affrontare queste cose, e nel tempo in cui mi fermo a pensarci lei lo sta già facendo.
Elisabetta ha mosso i primi passi semplicemente staccandosi da un mobile e camminando verso un suo gioco, mentre noi siamo rimasti imbambolati e stupiti: nessuno l’ha stimolata né invitata a farlo, è partita perché si sentiva di poterlo fare. Assolutamente al di là di noi.
Noi che siamo un po’ distratti, noi che non la sommergiamo di indicazioni, giocattoli e parole perché a noi dà fastidio l’eccesso di stimoli e quindi pensiamo sia lo stesso per lei. Abbiamo sempre assecondato il suo gioco libero, intervenendo raramente e a costo di sentirci “trascuranti”. Elisabetta gioca molto da sola, e io adoro restare in un angolo a guardarla: sposta gli oggetti, li getta per terra e li raccoglie, riempie e svuota scatole, trascina asciugamani con le mani e con i piedi, sfoglia libri e riviste, prova a costruire torri, esamina gli oggetti da ogni angolatura, ne testa il sapore, la capacità di fare rumore e la velocità massima in volo.
In pochi mesi ha già masticato la terra, un sasso e la cacca di un uccellino. E siccome siamo due genitori distratti, temo ci sia altro che ci è sfuggito. Ha sbattuto la testa ed è caduta molte volte, poi ha imparato come cadere gettando in avanti le mani e a cosa attaccarsi per mantenere l’equilibrio. Non gliel’ho insegnato, ho solo un marito meno ansioso di me che le ha permesso di provare a fare da sola…ed ha aiutato me a ricordare che non sarebbe morta per una caduta da 50 cm.
Qualche settimana fa, improvvisamente, ha sfoderato il suo primo gioco di finzione (non so quale sia il termine pedagogico esatto): finge di prendere qualcosa nell’aria, da una scatola, dalla carta, lo porta alla bocca e mastica. Dopo i primi cinque minuti di assoluto stupore, ho provato ad inserirmi chiedendole di far mangiare anche me, e funziona: finge di prendere qualcosa, me lo porge ed è felicissima di vedermi ringraziare e masticare. Scusate se è poco, ma io in questo giochino stupidissimo ci vedo un ragionamento molto complesso che ha imparato senza nessuno sforzo intenzionale da parte mia. E che forse, in una casa piena di giochi, luci, suoni e colori io non avrei mai colto. Sarà per questo che non mi è mai venuto in mente di farla giocare con le tempere: cerco di proporle solo oggetti ai quali la vedo realmente interessata e con i quali possa giocare da sola, perché sono convinta che le regole, i pensieri e i movimenti degli adulti non siano veramente adatti al gioco di una bambina di un anno.
Se provassi ad insegnarle ad aprire la porta con una chiave, sono sicura che la cosa annoierebbe mortalmente me e anche lei, però un giorno ho lasciato che giocasse con il mio portachiavi e dopo un po’ si è alzata e si è diretta verso la porta con le chiavi in mano, puntando alla serratura. Per me questo è sufficiente a gioire come una scema.
Il suo mondo è fatto di gesti quotidiani e di spazi conosciuti: non riesco ad immaginare che possa giocare con una cucina-giocattolo e non ho nemmeno idea di come insegnarglielo, ma so che può giocare ad imboccare la mamma, il che mi fa presupporre che la sua mente sta lavorando su un livello di complessità e di astrazione nuovi. Una cucina giocattolo di plastica non può fare di meglio, ne sono certa.
Ci sono dei lunghi momenti in una giornata nei quali io sto con Elisabetta e non parlo. Se qualcuno mi svegliasse alle sette del mattino e iniziasse ad inondarmi di parole (magari per fare la telecronaca di quello che sta succedendo intorno) credo che la cosa mi innervosirebbe molto, e poiché io sono convinta che il cervello di Elisabetta sia del tutto simile al mio, sono sicura che per lavorare bene non ha bisogno di essere riempito di parole e stimoli.
Ha però bisogno di vedere dove è la mamma e di sapere che quando va via tornerà, ha bisogno di sentirsi dire “NO” e di essere applaudita quando fa le cose bene, ha bisogno di provare a sporcarsi con la pappa e bagnarsi con l’acqua, ha bisogno di giochi che somiglino agli oggetti reali (e nel mondo reale non tutto è fatto di plastica, cavoli!!!), ha bisogno di essere toccata e baciata, ha bisogno di toccare pance e visi, ha bisogno di poter appoggiare la testa sul mio petto, ha bisogno di un mondo rassicurante ma anche interessante.
Credo che sia questo l’unico merito che possiamo ritagliarci: spingerla ogni giorno a mettere il naso nel mondo senza troppe paure. O meglio, senza le mie paure. Che insomma donne, non è mica facile come sembra!!!
giuppy
Bello, bello, Giuppy! Credo che in finale, vuoi o non vuoi, c'è sempre qualcosa che trasmettiamo ai nostri figli anche non intenzionalmente del nostro modo di essere e di relazionarci con il mondo. Io ad esempio condivido il tuo pensiero di non sovraccaricare con stimoli eccessivi i bambini, ma poi mi rendo conto che il nostro modo di star insieme è affollato di tantissime parole, un fiume di parole, canzoni continue, ed è lei che me lo chiede, continuamente, a ripetizione, fino allo sfinimento: punta il dito verso qualcosa (un libro, il disegno di un animale stampato su una tazza) poi mi guarda e mima un balletto. E' il segnale per me che devo partire con una delle mie canzoncine sceme, riguardante l'oggetto in questione (ne ho quasi una per ogni possibile soggetto!). Impossibile dire se ci sia del suo, in questa mania di trasporre il mondo nella sua rappresentazione sonora, o se tutto è partito da me, da una maniera di presentarle il mondo che le ho impresso nella mente iperrecettiva sin da piccolissima. L'importante è, credo, rimanere fedeli a se stesse e al proprio modo di essere, per non fornire loro stimoli contraddittori e incomprensibili. Proprio come fai tu. Mi piace sempre tanto quando parli di Elisabetta (caspita, quanto è cresciuta! Sembra un'altra bambina!) e mi piace come la osservi giocare da una parte, in silenzio e con discrezione.
RispondiEliminaNon sono mamma ma giusto l'altro giorno riflettevo sul fatto che una delle cose più difficili per un genitore sia non trasmettere ansie e paure, soprattutto le proprie, ai propri figli... Anche in questo mia mamma in particolare è stata bravissima, spero di riuscire un giorno a fare altrettanto.
RispondiEliminaBuona giornata
Di ansie e di paure ne ho già scritto fino alla nausea e... si è un bel po' difficile fare un passo indietro e metterle da parte!
RispondiEliminaMa direi che vai benissimo!
Ricordo anch'io quando Diego ha imitato per la prima volta, faceva finta di parlare al telefono, ancora adesso è il suo gioco preferito ed è veramente comico! Sono rimasta lì senza parole... mi stava facendo il verso!!!
Stava diventando grande :-)
Un bacio
io oggi potrei scrivere un post "16 mesi facciamo il punto"... in quanto la Marty ha esattamente 3 mesi + della tua bimba. Mi rivedo in molte cose che ho letto: ho sempre pensato che non fosse facile... soprattutto mantenere la sua serenità, fare in modo che non le accada niente di male.
RispondiEliminaBel post! Sono d'accordo con te... i bambini giocano e sperimentano anche con gli oggetti quotidiani... anche guardandosi mani e piedi. Però non escludere a priori che più avanti non possa piacerle provare giochi che suonano se li tocchi, o si muovono, o colori che si mettono sulle dita e lasciano stampi sulla carta. Mi pare di capire che saprai cogliere i segnali che sarà pronta per un passo avanti... ciao!
RispondiEliminaChe bel post! L'ho letto facendo di sì con la testa, concordo e mi rivedo in te (soprattutto per la distrazione...). La mia bimba ha fatto 18 mesi da poco, tra mille bernoccoli e lividi (un po' per mia distrazione, un po' perchè è un terremoto!), la guardo sempre domandandomi: ma l'ho fatta io? Possibile? Così bella, così simpatica, furba, intelligente... Non è facile non trasmettere ai ns figli le ns paure: per ora riesco ancora a trattenermi, per il momento si parla di cadute, ma in futuro...
RispondiEliminacomplimenti!! ^^
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