mercoledì 28 dicembre 2011

Non solo perché era mio padre


Alle superiori, durante una lezione nel laboratorio di chimica, ci hanno mostrato le fibre di amianto, chiuse dentro un piccolo sacchetto di plastica, apparentemente innocue e dall'aspetto vellutato.
Ricordo di aver pensato, distrattamente, che avevo sentito quel nome uscire dalla bocca di mio papà.
Non avrei mai immaginato che stavo tenendo tra le mani qualcosa che l'avrebbe ucciso 15 anni dopo.

Mesotelioma.

E' un nome dolcissimo, sottile, da sussurrare, innocuo per chi non sa di cosa si sta parlando. Tutti i protagonisti di questa storia hanno aspetto e nomi dolci e sibilanti: amianto, mesotelioma, alimta. Li ho ripetuti mentalmente moltissime volte, in quei mesi del 2007 durante i quali ho capito con folgorante rapidità che mio papà si era ammalato, e non sarebbe mai guarito.
Perchè il mesotelioma è un tumore terribilmente subdolo che quando dà chiari segni della sua esistenza ha già fatto moltissimi danni. Il chirurgo che ha operato mio padre l'ha descritto come "una ragnatela" che si deposita sulle membrane del corpo, iniziando dalla pleure, allargandosi lentamente e infilandosi in posti dai quali non è possibile rimuoverlo. E restando nel corpo, tende a prenderselo. So che perdonerete le inesattezze mediche, non mi interessa dare lezioni su cose che nemmeno io ho mai ben capito, mi interessa solo parlarne, perchè non se ne parla mai.

Mio papà ha speso tutta la sua vita lavorando, non per comprare cose, ma per diventare qualcuno: un uomo, un padre, un marito. Ha lavorato perchè io potessi vivere, studiare, andare in vacanza, fare quello che desideravo.
Lavorando, ha respirato amianto, ignorando che dopo 40 anni questo l'avrebbe ucciso.

Ignorando che un giorno la sua amatissima figlia l'avrebbe accompagnato ad una visita in cui avrebbe dovuto raccontare del suo lavoro, delle coperte di amianto, degli aspiratori che non esistevano. Ignorando che quel giorno, uscendo dalla visita, le avrebbe detto: "I miei colleghi sono tutti morti", così, con la leggerezza di chi non ha capito cosa sta dicendo.
Continuo a credere che se qualcuno, 40 anni fa, avesse detto a mio padre che il suo lavoro l'avrebbe un giorno ucciso, lui non si sarebbe comunque fermato. Perchè non aveva grandi alternative, certo, ma anche perchè era un grande uomo. Orgoglioso, responsabile, con un senso del dovere incrollabile. E' a lui che devo questo post.

Ho due immagini nitide in mente: mio papà un giorno d'estate che torna dal lavoro sulla vespa, con la faccia stanca e il sudore in fronte, mi vede e mi sorride.
L'altra immagine è nella stanza dell'Ospedale dove faceva le chemioterapie, seduto su un lettino, con gli occhiali, impegnato in chiacchere con tutti, la boccia della flebo con quel nome sopra "Alimta". Mi sorrideva.
Io mi chiedo se potrò mai essere capace di affrontare quello che ha affrontato lui: l'operazione, la chemioterapia, gli effetti "secondari" delle chemio, l'angoscia, il silenzio e il dolore di chi gli stava intorno, tutto sulle sue spalle.
Perchè, per quanto ce la raccontassimo, c'era lui dentro questa brutta storia. Lui, a far finta di non sentire e di non vedere, lui a parlare del futuro "quando starò bene", lui a cercare di lamentarsi il meno possibile per cose che io non potrei tollerare per due ore.

Il fatto che sia morto in quel modo, per quella causa, è una questione per me aperta, un motivo di rabbia che nessun processo e nessun indennizzo può realmente sedare.
In altre zone d'Italia i problemi correlati all'amianto hanno e hanno avuto risonanze diverse da quelle che si vivono qui a Bergamo, dove sostanzialmente tutto tace. Ho cercato per un pò di tempo gruppi di parenti di vittime, qualcuno con cui poter condividere, parlare, rielaborare la mia rabbia. Non ho mai trovato nulla: forse è un territorio poco aperto a questo tipo di argomenti o forse, banalmente, il silenzio alimenta il silenzio.
O forse tutti pensano che, con la morte, si devono spegnere anche la rabbia, l'indignazione, il desiderio di capire meglio, di avere risposte, per quanto dolorose possano essere.

Invece una morte come quella che è capitata a mio padre si insinua dentro la vita di chi resta, scoppiando come una bomba. Ha cambiato il mio modo di vedere la vita, il lavoro, il futuro. Io non riesco più a tollerare di condividere nulla con persone che non hanno senso del dovere, che non amano il lavoro, che per amore dei loro figli non riescono ad alzare la testa (e abbassarla quando serve), che non riescono a svegliarsi ogni mattina felici non di fare qualcosa, ma di poter essere qualcuno, lavorando. 
Perché mio papà per questo è morto.

Mi chiedo spesso se i colleghi di mio papà hanno figli, magari della mia età, e se anche loro sono arrabbiati come me e hanno voglia di parlare, raccontare, condividere. Se anche loro hanno passato giorni interi in internet a cercare documenti, articoli, testi di legge, qualcuno, qualcosa con cui confrontarsi e se poi alla fine hanno ceduto al dolore e alla fatica, o alla consapevolezza che oltre a Casale Monferrato ci sia ben poco.
Ma adesso che è passato un pò di tempo, qualcosa dentro di me continua a non volersi spegnere: la rabbia, la consapevolezza che se ne parla troppo poco, quei numeri che messi insieme suonano come una strage, ma presi uno per uno passano nel silenzio.

Io credo fermamente che morire di lavoro sia un'ingiustizia enorme: così come cadere da un'impalcatura, morire per un tumore provocato da ciò che si respira lavorando è aberrante. Non doveva capitare, non solo a mio padre. Non solo perchè era mio padre.
Negli ultimi mesi ha fatto molte volte dei bilanci della sua vita, alcuni silenti, molti altri riassunti in poche, gelide parole: ho lavorato tutta la vita, e ora sono qui. Ciò che avrebbe potuto e dovuto salvarlo non è stato fatto decenni fa. E scusate ma non mi basta.

Non so bene quale sia lo scopo di questo post, di certo sento che lo devo a mio padre e a quelli come lui. C'è forse la voglia che i motori di ricerca portino qui qualcuno a riconoscere i propri sentimenti nei miei, spinti dal bisogno di dare un nome alla parola "parenti", forse la consapevolezza che mio padre mi direbbe "Non esiste? Fallo tu."

E da qualche parte bisogna pure cominciare.
giuppy

24 commenti:

  1. i post su tuo padre mi mandano sempre in frantumi, questo in particolar modo.
    Grazie, sei proprio una cara ragazza, tuo padre ti guarda, me lo immagino in giro per i vialetti del paradiso, a inorgoglirsi di te.

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  2. Hai ragione, da qualche parte bisogna iniziare... sono certa che tuo padre è fiero di te, un abbraccio Monica.

    P.S.: spero che anche altri si emozionino come ho fatto io leggendo il tuo post, qualcuno magari che posso fare qualcosa davvero insieme a te, ti auguro di spegnere questa rabbia al più presto, non perchè ti sei rassegnata, ma perchè hai ottenuto quello che desideri.

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  3. Io credo che tu sia una grande donna.Tuo padre sarebbe molto fiero di te e di quello che stai facendo.Le mie parole, probabilmente, ti suoneranno molto scontante e altrettanto ovvie, ma credimi, il tuo post tocca il cuore e si percepisce tutta la tua rabbia.Io in questi casi mi incarto pure,ma mi inchino davanti a ciò che hai scritto.Un grande post, una grande, tragica realtà. Che Dio ti benedica, Giuppy, per quello che sei.

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  4. mi ricordo quelle telefonate, quei messaggi, la rabbia grande che bolliva, la dignità nella tragedia, non solo sua, ma di tutta la tua famiglia. Io tuo papà l'ho conosciuto tramite te e il suo senso del dovere c'è in tutto quello che fai. Non a caso fai questo lavoro, con la stessa passione dei primi giorni. e non a caso eri in prima fila. Sempre. C'è tanto da fare, e puoi farlo.
    I

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  5. Ho appena finito di leggere il tuo post a Enrico e se tu un po' ci conosci immagini cosa stiamo facendo in questo momento....io non so trovare le parole per aiutarti a portare questo pesante fardello di dolore che ti leggo tutti i giorni negli occhi, ma una cosa ti voglio dire....sei una delle pochissime persone che sento molto vicina al mio cuore e i tuoi sentimenti mi toccano profondamente e mi fanno ringraziare la vita per averti incontrato e per poter passare tutti i giorni un po' di tempo con te. Spero di poterti stare vicino ancora per molti anni, ti assicuro che io per te ci sono, anche se per ora barcollante ma ci sono..... approfittane!!! Ti voglio un gran
    bene.....

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  6. Il tuo è un dolore che rimane sempre li purtroppo.... non metabolizzato.... non accettato. e' pronto ad emergere sempre... non hai ancora voltato pagina.... e a volte questo te lo invidio.... tuo padre è sempre lì a fianco a te.... il mio a volto scompare non so dove.... scompare e basta.... forse perché non vissuto quando si era ancora in tempo....
    ti abbraccio forte.....

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  7. Ho questo post "in cantiere" dall'estate.
    L'ho modificato, cambiato, cancellato e riscritto.
    Ho pensato spesso che fosse banale, scontato, incomprensibile, poco interessante, infantile...
    Oggi ho deciso che era il giorno giusto per condividerlo, e vi dico, amiche carissime, che il solo fatto di averlo pubblicato mi dà una forza che non sentivo da tempo.
    Grazie, davvero.
    giuppy

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  8. Ho letto, Giuppy, scusa se non riesco a commentare ma queste storie fanno davvero male. Peor' ho letto e ti sono vicina...

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  9. Ti sono vicina anch'io. Una rivista che amo (Vanity Fair) parla spesso di questo subdolo male, ma sentirne parlare da chi ha dovuto viverlo sulla pelle dei propri cari fa riflettere.
    Ti abbraccio

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  10. Io condividerò, magari chissà, posso esserti utile nella ricerca...
    Per il resto Giuppy, le parole non mi bastano. Il dolore e la rabbia non può toglierli nessuno. Ti posso solo abbracciare forte. Ti capisco.
    Sei una gran persona.

    Cinzia

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  11. Difficile leggere questo post senza emozionarsi, forse perchè anch'io ho perso mio padre per un tumore, diverso, ma comunque subdolo, e parte delle tue, delle vostre esperienze le ho vissute e le capisco bene.
    Hai fatto bene a scrivere e a pubblicare, non ti devi censurare mai, i tuoi pensieri sono importanti... e fai bene a lottare, per tuo padre, per quello che ti ha insegnato, per il bene che vi ha voluto.
    un abbraccio

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  12. Anche mio padre è morto di tumore ai polmoni, ma non a causa del suo lavoro.
    E' uno strazio comunque, ma credo che patirlo per il lavoro di una vita sia uno strazio infinito.

    PS. capito qui saltellando di blog in blog. mi piace. anche noi siamo un blog a 2 mani...

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  13. Cara Giuppy, io non riesco nemmeno lontanamente a immaginare come questo tuo scritto possa essere considerato banale, scontato, incomprensibile, poco interessante, infantile... E' uno scritto che arriva dritto al cuore, e allo stomaco. Strozza il respiro in gola, sì, perchè la vita è spietata, e ingiusta, e ci si sente piccoli e impotenti di fronte, non solo alla morte, quanto alla vita stessa, ai suoi meccanismi castranti e al senso di tutto che a volte sfugge. Di tanto lavorare, di tanto soffrire, di tanto costruire, per poi perdere tutto. Ma trovo in mezzo a queste righe anche tanto coraggio e forza, e credo che l'essere riuscita a condividere sentimenti e pensieri tanto forti e viscerali sia stato da parte tua un immenso atto di amore, e di protesta. Non potevi ricordare tuo papà in modo migliore.
    Un abbraccio.

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  14. Ciao, sto vivendo una situazione simile, ma con mia madre. Il tumore è "ancora in corso (perdonami le parole, ma non so spiegarmi meglio).
    Mia mamma ha lavorato per anni in aeroporto ed ha respirato fumi tossici...risultato: quest'anno soltanto 2 tumori, il primo per fortuna benigno, il secondo no, maligno al rene, già con 2 metastasi. Il rene è stato asportato e le metastasi (apparentemente) pure, ma si rigenerano, e le aspettative di vita rimangono comunque di massimo 5 anni... tutto per un lavoro che comunque non è più in grado di fare...e la beffa è che lo stato non la tutela nemmeno, figuriamoci la legge. E' stata dichiarata invalida al 100% e quindi l'azienda la licenzia... e come si campa? la pensione prima dei 60 anni non tocca (mia mamma ne ha 55) e per 5 anni (forse gli ultimi) come si vive???
    A parte la continua angoscia ogni 3 mesi quando ricominciano le visite e l'incubo inizia nuovamente...
    Ma si può morire per uno stupido e DANNATO lavoro???
    Ti prego di perdonarmi lo sfogo...
    Giorgia

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  15. Vi leggo, vi rileggo, vi rileggo ancora e vi abbraccio tutte.
    giuppy

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  16. Tu scrivi con il cuore e le tue parole toccano nel profondo chi ti legge. Mia madre è morta a 28 anni per un cancro all'intestino, io avevo 2 mesi. Non è riuscita nemmeno a vedermi, è morta con la mia foto in grembo. Anche se non l'ho conosciuta, per tutta la vita mi è mancata.
    Mi dispiace per tuo padre e per tutti quelli come lui che perdono la vita in un modo assurdo. Sei una pesona speciale e unica, tuo padre ne sarà fiero. Ti auguro un anno sereno. Ciao da Robi

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  17. ciao Giuppy, ho scoperto il vostro blog solo oggi, con questo post così triste e rabbioso... ho sentito una rabbia simile qualche tempo fa quando ho letto Ternitti e ho iniziato a vedere con una luce diversa mio suocero e una marea di suoi compaesani che hanno lavorato l'amianto in svizzera... non ho parole...
    grazie per averlo scritto, non se ne parla mai abbastanza

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  18. Cara Giusy, come sai non leggo più i tuoi post per i motivi che noi conosciamo, per questo post ho fatto un'eccezione perché tu mi hai chiesto di farlo, sono consapevole di cosa voglia dire vivere tutti i giorni la mallattia, perchè ero accanto a voi in quel momento, sono consapevole e ti appoggio per la rabbia che hai nei confronti di chi sapeva a cosa andavano incontro tuo papà e i suoi colleghi, senza fare nulla per cambiarlo, perche troppo costoso prendere misure di sicurezza, e pensando a tutte quelle persone che di questo hanno approfittato con pensionamenti anticipati e indennizzi stando bene e senza essere mai stati a contatto con l'amianto, il silenzio fa ancora più male.
    Il senso del lavoro non ti è mai mancato nemmeno a te e in questo hai preso tutto da tuo papà, il lavoro fino alle 3 in un bar per pagare gli studi, i lavori più umili in mensa quando ancora non trovavi quello per cui avevi studiato, conosco bene le difficoltà che hai affrontato quando venivi trattata come una pezza dai colleghi perchè minacciavi la loro stabilità lavorativa e tu non hai mai mollato, ma Giusy cerca anche di capire che questo senso del dovere è negativo quando togli spazio e tempo alla tua famiglia, i soldi ed il lavoro servono per vivere ma non servono a nulla per vivere veramente,altrimenti un giorno ti troverai a dire "ho lavorato tutta la vita ed ora sono qui".
    D.

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  19. ciao giuppy io nn posso dire molto.. ma a me dispiace tanto che hai perso il tuo papà per via del lavoro nell'amianto! :-( passa un buon fine anno cerca di farlo tranquilla e senza troooppi pensieri! http://danielainrosa.wordpress.com

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  20. Ciao Giuppy...che dire....nulla....solo che ti abbraccio forte forte!!!!Tanti tanti tanti auguri di un buono...sereno....ricco (che fa sempre comodo.. ^_^)...stupendo...2012!!!! Un abbraccio anche alla Ele!!!! Baci Ge

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  21. ciao! mi sono appena iscritta al tuo blog.. questo tuo post mi ha così colpita che non potevo non farlo...
    hai scritto tutto con.. dignità.. coraggio.. e tanta forza!
    mi dispiace che tuo papà abbia subito tutto ciò.. ma sono sicura che lui è fiero di te.. ti sarà sicuramente grato per questo post.. e per ogni tuo gesto e pensiero rivolto a lui!!
    buon anno. e complimenti anche per tutte le tue belle creazioni..

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  22. Anche mio padre è morto per un tumore dovuto ai gas respirati al lavoro. Io avevo 16 anni e si, morire per il lavoro è una schifezza...e non c'è altro da dire

    lilith

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  23. ciao, non so proprio cosa dire ... mi dispiace tanto.

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  24. Cara ... hai ragione. E ci credo che ci hai messo tanto a scriverlo questo post. Sinceramente credevo che il problema dell'amianto fosse un discorso vecchio.. che fosse chiaro che è estremamente nocivo. Certo che chi ha iniziato a respirarlo 40 e più anni fa... non se lo toglie da dentro. Se pensi che sia giusto fare qualcosa, parlarne io credo sia proprio una buona cosa.

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