mercoledì 14 marzo 2012

C'è che.



C'è che le ore dedicate al lavoro sono diventate nell'ultimo mese estremamente pesanti.  Faccio un lavoro difficile... o meglio, tutti facciamo un lavoro difficile... ma il mio a volte sa essere veramente molto difficile. Implica la sovraesposizione a parole e persone, implica risolvere problemi in tempi stretti, implica un sacco di problemi, in sostanza. Arrivo a sera in apnea, letteralmente. 

C'è che Elisabetta ha inziato a parlare, ma in maniera massiccia. Ripete parole, costruisce micro-frasi, verbalizza tutto, imita il mio tono di voce, ripete le indicazioni che le danno al nido (PRONTI PARTENZA VIAAAAA!!!). E parla anche a vuoto: monosillabi messi in fila come perle di una collana, in libertà, tutto il santo giorno. 
Chiederle "perchè stai facendo questa cosa?" e sentirsi rispondere "pecchè sì" è stato un punto di svolta nella mia vita: da giuppy a vera mamma in un attimo. Ma dove le hanno messe le istruzioni per i passaggi successivi??

C'è che, insieme al potere della parola, Elisabetta ha scoperto la televisione. E io ho scoperto Peppa Pig.

C'è che la solitudine sta diventando uno stile di vita. Parlo della solitudine interiore, quella che ti fa intuire la massa di problemi che sei destinata a risolvere da sola, e a volte ti fa perdere il fiato in una vertigine di paura. 

C'è che alcune cose nella mia vita hanno preso direzioni inaspettate. Io che ho sempre sguazzato nell'ambiguità e nei non detti, adesso faccio una fatica enorme a trattenermi dall'esprimere quello che penso. Le cose che per qualche motivo so di non poter dire, mi vivono in mezzo ai piedi come ospiti indesiderati. 
Non ci sono cartoni in cui infilarle e chiuderle, non ci sono armadi, non c'è spazio nella mia vita per quello che non si può dire e pensare, il silenzio dura per un pò, ma alla fine tiro fuori tutto e lo consegno al fortunato destinatario. 

C'è che sento dentro di me qualcosa che una sera ho chiamato "deserto emotivo". Zolle di terra arida e secca destinate a lasciare spazio a sabbia sottile e implacabile, spinta dal vento fino nel profondo. 

C'è che non sono capace di essere una buona amica in questo periodo: dò attenzioni centellinate, monopolizzo i discorsi, metto in luce solo il buio nero. Ma in quel regalo (stupidissimo) fatto all'Amica ci ho messo un impegno e un entusiasmo che non ricordavo dove fosse seppellito. Forse lì la sabbia non è ancora arrivata.

C'è che ho bisogno di mare. 


C'è che ci si abitua abitua subito alle cose meravigliose che si ricevono, ma quando vengono tolte ci si abitua altrettanto in fretta a non averle più. Ma mancano lo stesso qui.

C'è che di tutte le riflessioni che mi girano in testa, mi rendo conto che quella più bella e più stupendamente stronza riguarda il potere della parola. La parola che dice e che tace, la parola che può cambiare il destino delle persone a cui viene detta o non detta, la parola che dischiude verità e le copre. La parola che ama, che lenisce, che cambia scenari e contesti. 
Il potere della parola è Elisabetta che apre il suo mondo interiore a un universo di relazioni, fondate sulla parola. E' la giuppy che tenta, parlandone, di chiudere cerchi e di racchiudere emozioni; a volte, con scarso successo, anche di condividerle. 

La parola che convince, seduce, conduce.

Il potere della parola è sapere che a volte, davvero, non si può dire più nulla.
giuppy

4 commenti:

  1. Un post dfficile da commentare. Che come dici tu certe volte non si può dire proprio niente.
    Le istruzioni non le danno no, possiamo solo tentare giorno èer giorno. Sbagliare e riconoscerci anche i nostri meriti.

    A volte Giuppy bisogna essere autoreferenzali nelle amicizie, bisogna monopolizzare. Avrai modo di ricambiare. Ora fatti ascoltare, magari parlando e usandola questa parola porterà un po' d'acqua nel deserto.

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  2. IO concordo con Owl.
    In amicizia non dovrebbero esistere codici di comportamento. chi ti ama capisce,e tu scremerai le amicizie di cui hai veramente bisogno.
    C'è che forse ti sei liberata di un modo d'essere che ti pesava, del dover per forza tenere insieme tutti i pezzi, e una volta infranta la barriera del "non si può" "non si dice", non si torna indietro. Non credo che ciò sia un male.
    E' bella la tua ultima riflessione su Elisabetta e il potere della parola.
    E' che quando ci accorgiamo di poter finalmente conversare con loro, e non più monologare con ascoltatore, inizi a capire meglio anche il loro modo di pensare, a considerarli come interlocutori, apprendi la comunicazione essenziale, sfrondata del di più, e ti senti anche meno sola. Renditi forte di lei, Giuppy.
    Un abbraccio.

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  3. Eh gia', post difficile da commentare..
    quando scrivi che ci si abitua a non avere piu le cose belle, mi hai fatto venire in mente che ieri parlavo con un mio ex compagno del liceo del fatto che le cose brutte ci rimangon impresse molto piu facilmente e indelebilmente di quelle belle.
    Ma e' anche vero che con l'esercizio, quelle belle si possono coltivare e far si che si radichino in noi, come un fiore nel deserto, come quella maledettissima ginestra del nostro amico Leopardi.
    Insommma, tieni duro, Giuppy.

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  4. Ma non vedi che la tua bambina adesso sta parlando anche per te? Sono sicura che è così. E' un periodo difficilissimo. Hai tutto il diritto di vedere tutto nero, di centellinare la tua presenza, la tua amicizia ed anche di non trattenerti. Ma è un movimento. Non sei ferma. Le cose cambieranno, tu stai cambiando. ciao

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